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Quindi a complicarsi in tutta Italia le parti dei due, e dell'imperio e delle cittá, e degli zelanti e de' nemici della riforma, e d'italiani e tedeschi, e duchi di Toscana e Normanni di Puglia, fino al 1066, che per opera di Annone di Colonia e d'Ildebrando fu deposto Cadaloo.

Il popolo grida: Collaudiamo! I vescovi di Lombardia e di Lamagna, che per le simonie, i baratti, il concubinato e le sregolatezze d'ogni maniera contro i sacri canoni, avevano a temere del carattere rigido ed inesorabile d'Ildebrando, si recano allora all'imperatore Enrico e lo supplicano che annullasse un'elezione fatta in onta dei diritti imperiali e delle costituzioni, e che non patisse l'insolenza dei Romani, i quali si volevano sottrarre al suo padronato. Enrico, anch'esso irritato, manda infatti a Roma Eberardo di Nellenburg, perchè interrogasse il popolo ed i cardinali dell'insubordinazione ai dritti dell'Impero, e, rilevata l'irregolarit

A quella intima, mentre per consueto negli altri pranzi non si suscitava discorso più favorito che tornare in ridicolo i decreti, le opere, le lettere d'Ildebrando, non vi fu più alcuno che proferisse motto. E qualcuno notò, che Guiberto, per ordinario cinguettatore e bevone anzi che no, quella sera parlava e beveva pochissimo.

Il fatto sta, che questo secondo e vero risorgimento, detto «del mille», non fu se non del fine di quel secolo undecimo; e fu tutto ecclesiastico, di ecclesiastici scrittori e d'ecclesiastica coltura; non fu se non come un episodio, una parte, una conseguenza del gran risorgimento ecclesiastico che vedemmo incominciare sotto i papi tedeschi, ed ingrandirsi giá sotto a parecchi italiani, spinti a ciò probabilissimamente da quel grande intelletto, e massime gran cuore, grand'animo d'Ildebrando, che lo doveva compiere poi.

E per trent'anni poi proseguesi l'opera, senza dar un passo indietro; ondeché tutti gli storici videro qui un'impulsione, un'opera personale, quella d'Ildebrando presente e potente. Salito ora esso stesso Ildebrando al papato , qual fu l'opera di lui?

Venuto a Roma per aiuti, vi trovò morto giá papa Nicolò II , e succedutogli Anselmo da Bagio uno degli zelanti milanesi, giá vescovo di Lucca, or papa Alessandro II. Il quale, tra per queste aderenze di Lombardia e Toscana, e il men breve pontificato, e la propria fortezza, e i conforti d'Ildebrando sempre piú grande nella curia romana, fu immediato e degnissimo predecessore, nel tempo di Gregorio VII, nel nome di Alessandro III, del piú grande e del piú italiano fra' papi.

Comecchè il divieto delle nozze dei preti si partisse da Niccolò II, tuttavia cotesto Papa lo fece ad istanza d'Ildebrando, il quale diventato pontefice non rifiniva da perseguitare i preti ammogliati infamandoli eretici, aizzando loro addosso il volgo, facendone calpestare le ostie consacrate come esecrabili.

È il tiranno assetato di sangue, che numera con gioia feroce le vittime scannate a' suoi piedi? È il prepotente erede d'Ildebrando che agogna la signoria del pastorale sopra la spada, e vuole elevare la cattedra di Piero sovra i troni più alti dei re?

E con tal consiglio pontificò poi gloriosamente, e incominciò e proseguí quelle due guerre ecclesiastiche contro alla simonia ed al concubinato, e quella temporale contro ai principi beneventani, che furono poi tre delle opere maggiori d'Ildebrando stesso. E in una di queste guerre rimase il papa alcun tempo prigione de' normanni.

L'elezione di Vittore II, successore di Damaso, e quella di Stefano IX, che a Vittore tenne dietro, non fu che opera d'Ildebrando, ed a sua insinuazione ogni atto di loro.