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Erano tutti passati; le porte s'erano rinchiuse, e il cuore non m'aveva peranco detto nulla. Volsi lo sguardo intorno a me; i viaggiatori si cacciavano dentro le carrozze; interrogai dell'occhio la fisionomia di coloro che m'erano più presso, ma non seppi ricavare da nessuno di quei volti le linee giovanili d'Eugenio quali m'erano rimaste in mente.

Clelia sotto l'impressione di quello sguardo pareva imbarazzata; guardava me e sorrideva senza muovere le labbra; io solo leggeva quel sorriso Eugenio non l'avrebbe penetrato mai; non era il sorriso dell'arte, il sorriso della natura fredda, ma il sorriso dell'amore io mi sentiva più grande d'Eugenio; la sua arte non poteva dargli ciò che poteva darmi il mio amore; le frenesie dell'artista sfiorano appena il cuore; quelle dell'amante lo passano."

Io m'ero posto dietro le spalle d'Eugenio e portando gli occhi ora sopra Clelia, ora sopra la matita di Eugenio, aveva visto da quel fondo bianco uscire mano mano la fisonomia adorata della mia compagna erano i suoi occhi, i suoi grandi occhi, la sua bocca leggiadra, sorridente, i suoi capelli lucenti ogni traccia di carbone era un soffio novello che infondeva sempre maggior vita in quella fantastica creazione.

Quand'ebbi chiuso quel foglio, lo rimirai buona pezza in silenzio. E in un momento di terribile scetticismo temetti anche d'Eugenio. Che importa egli mai l'aversi ricambiato un saluto ogni mese, se due cuori han cessato di battere vicini da gran tempo? Ahimè! cotesto è il destino delle amicizie strette nell'infanzia.

La sua bocca sorrise e mormorò ancora una parola.... un nome.... il nome d'Eugenio.... Il sangue mi corse al cuore che batteva a schiantarmi il petto un sudore freddo mi spuntò sulla fronte, il mio corpo tremò e fui per cadere. "Quel nome nel sogno è nulla, dissi a me stesso può bene il delirio ricevere le manifestazioni più strane senza che risponda all'intimo sentimento dell'anima.

Io non avevo saputo dell'arrivo di Eugenio a Milano; Raimondo me ne aveva parlato. In ciò non era certamente nulla di straordinario, ma tuttavia io mi domandavo senza frutto perchè Raimondo non mi avesse parlato d'Eugenio. Era stato calcolo o dimenticanza?

Egli aveva pur dianzi dimostrato troppo chiaramente la stima in che teneva la virtuosa indole d'Eugenio, perchè io dovessi tormi sul serio la briga di contendergli uno sfogo di bile ingenerosa che sarebbe stato necessariamente seguito dal pentimento. Il mio silenzio valse meglio che il rimprovero.

Raimondo se ne accorse e venne più spesso da me; talvolta si trattenne meco, ma poi che non mi sfuggiva lo sforzo che egli vi poneva, gliene fui grato, ma disperai d'arrestare il fantasma della nostra amicizia che si era oramai dileguato. Mi ricordai d'Eugenio. Forse verso di lui io era assai colpevole; ma la lontananza non avea reso lui meno colpevole di me.

La poveretta parlava in sul serio; io non sapeva che risponderle, ma il mio cuore traboccava di tenerezza. La confortai come seppi; le ripetei mille giuramenti; e che io l'amava più d'Eugenio e che l'avrei amata sempre. Quando fu più calma, levò il suo volto ingenuo e mi confessò ch'era gelosa e che ci badassi." "Quattro giorni dopo io mi recai di buon mattino ad aspettare l'arrivo di Eugenio.

Sapevamo entrambi che egli stesso n'era stato l'autore, e stentavamo a dar fede a tanta codardia. Nessuno di noi aveva in pratica il cuore d'Eugenio S...; però temevamo ch'egli venisse per riversare sovr'altri la propria colpa, non potendo immaginare che avesse intenzione di abbandonarsi all'ira di Don Giuseppe.