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Passiamo molte ore a veder lavorare i pittori. L'Ussi ha fatto un bello schizzo del gran ricevimento, in cui è colta meravigliosamente la figura del Sultano; il Biseo, pittore valentissimo d'architettura orientale, sta copiando la facciata della casetta del giardino. Bisogna sentire, per divertirsi, i soldati e i negozianti di Fez che vengono a vedere quel quadretto. Vengono in punta di piedi alle spalle del pittore, guardano facendo cannocchiale della mano e poi quasi tutti si mettono a ridere come se avessero scoperto qualche grande stranezza. La grande stranezza è che nel disegno il secondo arco della facciata è più piccolo del primo, e il terzo più piccolo del secondo. Digiuni come sono d'ogni idea di prospettiva credono quella ineguaglianza un errore, e dicono che i muri sono storti, che la casa balla, che la porta è fuori di posto, e ne fanno le alte meraviglie, e se ne vanno dando di ciuco all'artista. L'Ussi è più stimato dopo che si sa che è stato al Cairo e che ha dipinto la partenza della grande carovana per la Mecca, d'incarico del Vicerè, che gli diede quindicimila scudi. Dicono però che il Vicerè è diventato matto a pagare quindicimila scudi un lavoro in cui, a metter molto, l'artista avr

D'architettura severa e massiccia, vasto, annerito dall'et

Quel canto della contrada delle Ore, ove alzando un tratto lo sguardo, si ha il vantaggio, di vedere un lato della chiesa di s. Gottardo e la torre del suo famoso orologio, che è sempre un buon pezzo d'architettura, non fu mai, a nessun'epoca, oggetto di molta attenzione; ed è in questa parte, dove la massima noja viene oggidì ad assalire il granatiere del corpo che vi passeggia a guardia; soltanto trecentoventinove anni or fanno[*], il giorno de' santi Cornelio e Cipriano, che cadeva allora al tredici settembre, la parte di popolazione che poteva reggersi sulle gambe, passò quasi tutta per di l

Le arti cristiane poi, furono naturalmente oscurissime ne' tre primi secoli, tra le catacombe. D'architettura non n'era bisogno possibilitá in tali luoghi; vi potevan fiorir nemmeno le pitture o le sculture. Quindi sono rozzissimi e discordi da quelli dell'arte idolatra i pochi monumenti cristiani che si trovano di quell'etá primitiva.

E in quella casa abitava quella povera gente! Uscimmo, entrammo in altre case, in tutte trovai qualche frammento d'architettura e di scultura araba. Il Gongora mi diceva di tratto in tratto: Qui c'era un Harem L

Con sagace industria di gusto, esso era stato ridotto a vaghissimo giardino, sparso di graziose macchine d'architettura chinese riccamente illuminate, e fra cui s'inalzava un gran Trasparente dove era rappresentata co' suoi simboli la Toscana, in atto d'offrire un sacrifizio di ringraziamento a Imeneo: felice allegoria della circostanza.

Aldo seccato uscì dalla stanza, ma nessuno sotto la tavola si avvide della sua partenza. Egli si recò dallo zio Giacomo, e gli parlò a lungo; e lo zio Giacomo, per amore di Nancy, lo prese nel suo studio e gli diede da fare dei disegni e dei piani d'architettura, con uno stipendio di duecento lire al mese.

Dalla chiesa scendemmo nel claustro che è una vera meraviglia d'architettura e di scultura. Colonne svelte e gentili, che si potrebbero spezzare in due con un colpo di martello, somiglianti a fusti d'alberelli, sostengono i capitelli sopraccarichi di statuette e di ornamenti, dai quali si spiccano, come curvi rami, archi ornati di fiori, d'uccelli, d'animali grotteschi e d'ogni maniera di fregi.

La Casa de Pilato, posseduta dalla famiglia di Medina-Coeli, è, dopo l'Alcazar, il più bel monumento d'architettura araba che esista a Siviglia. Il nome di Casa di Pilato le venne da che il suo fondatore, Don Enriquez de Ribera, primo marchese di Tarifa, la fece costrurre, secondo si narra, ad imitazione della casa del pretore Romano ch'egli aveva vista a Gerusalemme dove s'era recato in pellegrinaggio. L'aspetto esteriore dell'edifizio è modesto; l'interno è meraviglioso. Si entra dapprima in un cortile, non meno bello di quello incantevole dell'Alcazar, cinto d'un doppio ordine di archi sostenuti da leggiadre colonne di marmo, che forman due leggerissime gallerie, l'una sovrapposta all'altra, e delicate tanto alla vista da far temere che rovinino al primo soffio di vento. Nel mezzo è una graziosa fontana, sorretta da quattro delfini di marmo e coronata d'una testa di Giano. I muri sono ornati, in basso, di fulgidi musaici; più su, coperti di ogni maniera di capricciosi arabeschi; qua e l

E un altro, Hans Fredeman, il pittore famoso degl'inganni, quello che dipinse così maestrevolmente delle colonne sopra i battenti della porta d'una sala, che Carlo V, voltatosi, appena entrato, a guardare, credette che la parete si fosse chiusa per incanto dietro di lui; quell'Hans Fredeman che dipingeva delle palizzate che facevan tornare indietro della gente, e degli usci su cui si posava la mano per aprire, dovette la sua fortuna a un libro d'architettura del Vitruvio che ebbe per caso da un falegname.