United States or Pitcairn Islands ? Vote for the TOP Country of the Week !


Leggeva e rileggeva il Libro dei Cuochi che il signor Decano teneva sul tavolino, accanto ai quattro volumi del breviario rilegati in pelle nera, e che egli dichiarava il primo libro del mondo. Ogni volta che Cardello gli diceva: Permette, voscenza? il Decano gli rispondeva: Anzi! Anzi! Dovreste impararlo a memoria!

LECCARDO. Eccovi il mantello: fatevi vento, rinfrescatevi. DON FLAMINIO. Sará ancor finito tanto apparecchio? LECCARDO. Non è finito ancora. DON FLAMINIO. Almen s'è detto assai: torniamo a noi. LECCARDO.... Quando io viddi i cuochi occupati in partire e distribuire le robbe, fingendo aiutarli mi trametto e ne trabalzo le teste di capretti.... DON FLAMINIO. Orsú te le mangiasti, l'hai detto prima.

Al fuoco non son pignate spedi su le brage: i cuochi e guattari son scampati. BIRRI. Prendetelo e cercatelo bene.... Ha molti scudi; questi son nostri. BIRRI. Camina camina! LECCARDO. Dove mi strascinate? BIRRI. Al boia! LECCARDO. Nuova di beveraggio: che vuol il signor boia da me?

Piglio animo ed entro con iscusa di cercar don Flaminio, e me ne vo insin in cucina e non vi veggio cuochi guattari. Dimando di don Flaminio, e mi rispondono che è piú di un mese che non l'han veduto.

Ed ella di rimando: Se non vi occorrono le nostre coppette, non vi saranno inutili le nostre vivande. Venni a prepararvi la colazione. Una solenne frittata di sessanta uova in quel derelitto luogo parve all'affamato quartier generale più pellegrina dape di tutti gli eletti e pruriginosi cibi, onde gl'industri cuochi del Gagliardi fregiarono il banchetto di Monteleone.

Secondo il pattuito, la intera comitiva doveva ritrovarsi a cena, verso le nove pomeridiane, nella Reggia di Scaricabarilopoli. E che cena, che cena avevano preparata i maestri di bocca, i cuochi, i cucinatori, i guatteri, i pasticcieri, i sorbettieri di Corte! che vivande! che intingoli! che savori! che vini poi! quanta grazia di Dio!

Seppi poi che a Barcellona v'è un gran numero di camerieri d'albergo, di fattorini da caffè, di cuochi, di servitori d'ogni genere, piemontesi, la maggior parte della provincia di Novara, che andarono in Spagna da ragazzi, e che parlano codesto gergo orribile, misto di francese, d'italiano, di castigliano, di catalano, di piemontese, non con gli Spagnuoli, s'intende, perchè lo spagnuolo lo hanno imparato tutti; ma coi viaggiatori italiani, così, per vezzo, per far vedere che non hanno dimenticato la lingua patria.

Nullameno poiché ci siamo non voglio passarmela senza avvertire il tratto più incisivo di somiglianza che esiste fra noi. Ed è questo: che essendoci entrambi, per elezione o per caso, applicati a cucinare e ad imbandire delle vivande per la mensa libraria, noi non abbiamo tenuto conto del menu prescritto dai cuochi massimi, e abbiamo dato, ciascuno, ciò che sapeva, e poteva, e voleva dare.

Non dico altro di cose storiche, cedo la parola all'amico mio, il quale dichiara che a Varese si mangia male e i cuochi sotto la berretta hanno una zucca, non una testa da cristiano.... Ripiglio la parola io perchè non voglio battibecchi tra un'aria così santa e cara e dico che ho deciso per valle di Cuvio di recarmi a Luino.

La descrizione che il retore d’Antiochia tratteggia della Corte di Costanzo è ancor più spaventosa di quella di Ammiano. «Vi si vedeva una folla oziosa, sfacciatamente mantenuta, mille cuochi, in numero non minore i barbieri, ancor più numerosi i coppieri, sciami di scalchi, di eunuchi, più fitti delle mosche sugli armenti in primavera, e innumerevoli vespe d’ogni specie.