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La neve si addensava davanti alla piccola finestra; righe di corvi la attraversavano, e qualche uccellino smarrito veniva ancora a picchiare contro i vetri, ed ella non vi poneva mente. Tutte le scene della natura, che la penetravano un tempo di dolce entusiasmo, le sfilavano davanti lasciandola indifferente.

Il più astuto e maligno di questi corvi era Tribolo, il quale per circuire ed insidiare una preda nessuno lo superava. Non è gi

MORFEO. Di ciò non dubitare, che corvi con corvi non si cavano gli occhi. PANURGO. Cosí tu fossi appiccato, come piú tristo uomo di te non si trova nel mondo! MORFEO. Cosí tu fossi squartato, come lo meriti piú di quanti vivono! PANURGO. Tu solo hai tanti vizi che, avendonosi a partire a tutta questa cittá, a tutti ne toccarebbe bona parte.

Si esce dalla porta Romana, e si piega per circa tre miglia verso sud-est, camminando in mezzo a una pianura monotona, la pianura lombarda, che al cielo non sa levare altro che le capitozze pesanti degli eterni filari, qualche ramicello pelato, qualche volo di corvi, qualche crasso fumo di stalla. Ma che cosa merita quel cielo?

A mano a mano era tutto un turbinìo confuso, violento, di falde di neve sotto il cielo bigio.... A mano a mano sparivano l'orto, il "Gigantesso" le montagne sotto quella neve, dietro tutta quella neve, quella bufera di neve. Una fila di corvi attraversò pesantemente la caligine bianca, incalzante, rammulinante, muta.... fu l'ultimo segno di vita.

Povero bimbo rispose la vecchia quelli che vedi son morti E non si risveglieranno mai... mai più?... Mai più! Il bambino chinò gli occhi e poi si rimpiattò nel fossato... intanto uno stormo di corvi volteggiò intorno a noi!... la nonna si mise in ginocchio e pregò: il fanciullo urlava e piangeva!

V'ha in Roma una classe di preti diseredati, che non hanno alcuna parte nell'orgia dei lauti piatti e delle grasse prebende. Questi sciagurati vengono chiamati comunemente preti di vettura. Per essi il maggior provento di lucro è quello che traggono dai mortori; e perciò a somiglianza dei corvi costoro fiutano l'odore dei morti, e calano a stormo sul fresco cadavere di un estinto.

9 Il manigoldo, in loco inculto ed ermo, pasto di corvi e d'avoltoi lasciollo. Ruggier ch'un'altra volta gli fu schermo, e che 'l laccio gli avria tolto dal collo, la giustizia di Dio fa ch'ora infermo s'è ritrovato, ed aiutar non puollo: e quando il seppe, era gi

Da colaggiú qual canto, qual suono mai rimbombò? che svolazzare fu quello de' corvi?... Odi suono di squille, odi canto di morte! «Seppelliamo il cadavere». Ed ecco avvicinarsi una comitiva funebre, e recar la cassa e la bara de' morti. E l'inno somigliava al gracidar dei rospi negli stagni. Passata la mezzanotte, seppellirete il cadavere con suoni e cantici e compianti.

6. Non è permesso ricusare il debito coniugale per la paura di avere troppo numerosa prole. Gli sposi cristiani confidino in Dio che manda il cibo ai giumenti e ai pulcini dei corvi quando l'invocano (salm. 146, 9); benedicendo egli la fecondit