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Forse, in qualche cuore di donna onesta non sanguinava una piaga d'invidia, pensando che il bel giovane presso la cortigiana dava lentamente la vita e il patrimonio per lei; non tanto per quest'ultimo, quanto per la vita? Mi pareva di respirare aria più libera, all'uscir da quei negozî, mentre Lidia rilevava con immenso sconforto che per la giornata non aveva altre compere in vista.

Essa non era più la cortigiana di Parigi. Essa aveva modificati immensamente i suoi slanci, le sue voglie, le sue idee. S'era moralmente e fisicamente mutata nella nuova vita di Firenze. E non poteva essere altrimenti. Una frase di Zola fa chiaramente presentire questa trasformazione. Il grande realista, come se avesse presentito che un Italiano avrebbe risuscitato questa donna in un nuovo ambiente per ripresentarla vivente a' proprî lettori, dice espressamente che essa gi

Toccando quel denaro, e guardandosi innanzi a uno specchio, come soleva, le venne pensato che essa ormai era ridotta una mendicante, una cortigiana, che ricorreva ad espedienti per soddisfarsi.

Il Sappia era uno dei tre a cui la cortigiana parigina impartiva i suoi favori lei credeva in gran segreto, per soddisfare a' imperiosi bisogni di donna afrodisiaca, e al suo bilancio eternamente in deficit, come quello del regno d'Italia; malgrado che a rimpinzarlo ci avessero gi

Quando, nei rossi crepuscoli, più ebbre al cielo salivano le canzoni di Tiberiade e Roma lontana esercitava il suo tirannico potere su tutto il mondo conosciuto, la più splendente cortigiana del Tetrarcato di Giudea, la figlia di Mágdala piena di rosai, la etera che negli alti palazzi dalle sale di cedro aveva udito parlare del pallido Nazzareno, scendeva per le strade maestre a camminare coi sollevatori di plebe, con l’uomo che il folle Giovanni aveva detto essere il liberatore da tutte le miserie della vita.

E la sua bocca nuova come la primavera mi fece pensare alle notti del pallido Uomo di Galil, quand’Egli dormiva sotto le stelle, vicino alla cortigiana di Mágdala, quella che non sapeva liberarsi dall’odore delle sue fine ciprie, dal peso de’ suoi fulgenti braccialetti, bella come la rosa che nasce nei fragranti giardini del Libano, l’intrisa di tutti i peccati, l’amica dei centurioni prepotenti, la danzatrice ignuda nei conviti ove spremuto rideva il grappolo delle vigne di Galaad...

Dopo simile ingegnosa teoria non ci deve meravigliare se molte signore invidiavano la vita delle cortigiane di professione. Brantôme racconta che una cortigiana venne a Roma per dare lezioni alle dame di corte, ella diceva: «Il nostro mestiere è tanto caldo, quando si è ben appreso, che si ha mille volte più piacere di praticarlo con parecchi che con un solo».

Ed egli da tutto il suo cuore amava la cortigiana di Mágdala, quella che i citaredi cantavano più bella fra le donne di Galil, quella che non sapeva liberarsi dall’odore delle sue fine ciprie, dal peso de’ suoi fulgenti braccialetti, quella che tentava di il vero liberatore degli uomini, e lui guardava, ed a lui parlava con la sua voce profumata come il vento, e sempre gli diceva con amore:

La marchesa morì chiedendo perdono alla sua casa e a tutte le cortigiane delle scandalo che aveva lor dato, cosa che non impedì di gratificare la sua tomba dell’epitaffio seguente: Qui giace chi fu quindici anni zitella, Vent’anni cortigiana e otto ruffiana. Dopo la Pompadour venne la Dubarry che mise il colmo alle infamie.

Non tue le fervide De la scïenza Lotte severe: Non per te i palpiti, Non per te i sogni Di fedi austere: Non per te l’utili Opre del braccio.... Ma, solo, fiacco, Sfibrato, inutile, Pel nulla nato, Del nulla stracco, L’ultimo soffio De la tua vita Sterile e vana Darai a un gelido, Venale amplesso Di cortigiana.