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Ma prima che il converso potesse dargli risposta, sboccarono da un viale i conventuali di San Bruno. Otto in numero, perchè gli altri sei erano gi

È curioso che per tutto un secolo non si preparasse movimento rivoluzionario in Sicilia senza che qualche prete o frate se ne credesse parte attiva, vera o presunta che essa fosse. La fine del settecento, il 1820, il 1848, il 1860 sono per questo memorabili date. Nello scorcio del sec. Mario La Rosa e varî frati Conventuali e frati Minori.

Ma perchè aveva cercato? Dovete sapere, umanissimi lettori, che quella mattina frate Adelindo si era avveduto d'una cert'aria di segreto con cui si salutavano i conventuali di San Bruno, e di certe paroline che si bisbigliavano passando. Inoltre, qualcheduno di loro aveva guardato lui con aria più affettuosa e più malinconica del solito. Intorno alle occhiate, agli affetti e alle malinconie de' suoi compagni, il serafino biondo aveva un'opinione gi

Ma che importava tutto ciò, se i frati di San Bruno erano di buon umore? Gente allegra il ciel l'aiuta, dice il proverbio. Beati i miei conventuali, che erano ancora nel periodo allegro, per solito il più breve, nel dramma delle umane passioni. Meno ilare, ad onta del nome, era fratel Giocondo. E perchè?

Egli non aveva mai osservato il padre Agapito con occhio d'artista; ma in quel momento, pensandoci su, gli pareva il più giovane e il più bello tra tutti i conventuali di San Bruno. E proprio lui ad accompagnare la signorina e lo zio, per non lasciarli soli!

Dal ch’erano andati via i Gesuiti, i Domenicani erano restati quasi i primi a rappresentare la più soda cultura, essi nel sito dei quali era stato fiorentissimo lo Studio, protetto dal Magistrato del Comune. Per questo eran tenuti in alta estimazione. Ma i Domenicani non sapevano perdonare ai Francescani la immensa colonna alzata in onore della Concezione in mezzo della piazza della lor grande chiesa; colonna che ricordava un trionfo dei frati Conventuali, sostenitori arditi della verginit

In quell'andito c'era la scala che metteva al campanile. Su per quella scala il serafino biondo c'era stato, per andare all'osservatorio del padre Bonaventura. E andando lassù, aveva anche veduti a mezza salita i due usci, uno dei quali dava sul cornicione della chiesa, e l'altro nel seccatoio. Pensare a quel seccatoio e infilar la scala del campanile fu un punto solo. In quelle due o tre camere, fatte nei soppalchi del tetto, i nuovi conventuali di San Bruno avevano raccolte tutte le cose inutili del monastero, le panche della chiesa, i palii degli altari, le tele polverose e sfondate, i tozzi candelabri di legno dorato, e via discorrendo. Il solaio era di legno. Ma anche il soffitto della sagrestia e del capitolo era di legno. Dunque? Dunque il serafino biondo ascese la scala col suo passo ventenne, e due minuti dopo mise il piede leggiero e guardingo su quel solaio benedetto, che prometteva tante consolazioni alla sua curiosit

In pari tempo, promise a stesso che essi non avrebbero fatto nulla senza il suo beneplacito. Perciò, a mala pena i conventuali di San Bruno incominciarono a recarsi in capitolo, egli, destramente, girando pel corridoio, era scivolato in chiesa.

Entrati sotto l'atrio della caverna, i conventuali di San Bruno ammirarono quel saggio architettonico di madre natura e tutte le fioriture ond'era stato adornato dall'incomparabile artista. Poscia, come i visitatori d'una casa che vogliono veder tutto fin da principio, andarono ad esplorare i tenebrosi recessi del luogo.

La chierica unius mediocris palmae dei Minimi allargavasi fino a limitare, nei Minori Conventuali, una corona di corti capelli, simbolo della corona di spine di G. C., e si riduceva alla misura d’una moneta di scudo d’argento nei monaci di S. Basilio e di S. Benedetto.