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Per ogni botta almanco, che disserra, cader fa sempre un cavalliero in terra. 45 In altra parte ucciso avea Rinaldo tanti pagan, ch'io non potrei contarli. Dinanzi a lui non stava ordine saldo: vedreste piazza in tutto 'l campo darli. Non men Zerbin, non men Lurcanio è caldo: per modo fan, ch'ognun sempre ne parli: questo di punta avea Balastro ucciso, e quello a Finadur l'elmo diviso.

Appunto perchè so che li amate voi pure, soggiunse il Guercio, vorrei vederli e contarli, prima di fare il colpo. Non vi fidate di me? chiese il Bello. e no; rispose Bastiano. E non credo gi

79 Chi costui fosse, altrove ho da narrarvi; che prima ritornar voglio a Parigi, e de la gran sconfitta seguitarvi, ch'a' Mori diè Rinaldo e Malagigi. Quei che fuggiro io non saprei contarvi, quei che fur cacciati ai fiumi stigi. Levò a Turpino il conto l'aria oscura, che di contarli s'avea preso cura.

Ah! ah! tu sei proprio ingattito di que' quattr'ossucci di ballerina. Ehi! come parli? Va via: come non si sappia che le vai appresso da tre anni, e che fai il geloso, come fosse una gran dama! E , che per entrarle in grazia devi andar giù chino, e non contarli... Va pure, che con le tue pretensioni, fai la bella figura! Non capisci niente: non sai che il mio è il gran genere?

«O ciechi affidamenti! o folli aberrazioni! Dal primo istante di vita, voi portate il vostro proprio lutto; fin dalla culla i vostri piedi stanno sulle soglie della morte. Il tempo v'inghiotte istante per istante; come le goccie d'acqua della clepsidra i vostri giorni se ne vanno l'un dopo l'altro; invano tentereste di arrestarne uno solo, voi potete soltanto contarli e quando essi saranno tutti trascorsi, saranno fatti eguali all'attimo alato. Voi chiederete appena: Qual'ora è? e la voce dell'Ignoto risponder

Gli abissini sorgevano da ogni banda, volanti su cavalli sfrenati. Le loro urla sembravano venire dai deserti; erano confusi come il turbine. Un abbarbaglio di fiamme bianche vampeggiava sulle pelli dei loro scudi e sul ferro delle loro armi. Non era possibile contarli; erano troppi per essere battuti, troppi ancora per non sopraffarvi.

Eravamo seduti così presso, alla tavola del «trente et quarante», che un sottile velo di cipria, staccandosi dal suo braccio seminudo, impolverava leggermente la mia manica nera. Giocava con febbre, giocava con irritazione, spingendo sul tavoliere, ad ogni colpo, senza nemmeno contarli, grossi mucchi di gettoni e di denaro.