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Vedrassi la lussuria e 'l viver molle di quel di Spagna e di quel di Boemme, che mai valor non conobbe ne' volle. Vedrassi al Ciotto di Ierusalemme segnata con un i la sua bontate, quando 'l contrario segnera` un emme. Vedrassi l'avarizia e la viltate di quei che guarda l'isola del foco, ove Anchise fini` la lunga etate;
Sì, due volte; la prima volta da sola, e pareva la statua dell'Addolorata; la seconda volta con quattro signori. A proposito, quei lì hanno lasciati i loro biglietti di visita. Vuole che vada a prenderli? Non occorre; Spazzòli, Dal Ciotto, Cerinelli, Martorana; li ho tutti in testa. Fa conto che io li abbia anche in tasca.
Che cosa mi racconta! E il Dal Ciotto? Partito. Ah! ed allora.... anche il Martorana? Sicuro, e poteva aggiungere il signor Cerinelli; conchiuse la signora Berti, ridendo maliziosamente. Si capisce; erano tre inseparabili amici.
A me, tra le risate universali, tocca un bavaglino; e dopo una diecina di polizzini bianchi, un altro arnese da bimbi, una cuffina. Son destinato; me lo dicono tutti, ridendo alle mie spalle: ma io non mi spavento per così poco, e inalbero arditamente i miei piccoli trofei. Enrico Dal Ciotto riesce finalmente a vendicarsi della mala fortuna, guadagnando una sveglia, niente di meno. Beato lui! gli servir
Del contadino, che è così buffo. La sua storia mi è piaciuta moltissimo, signor Morelli. Non si poteva con più garbo.... Lo lasciai solo a finir la sua frase. Ero cascato male; proprio sul più debole dei tre. Ma non è stata colpa mia, se quello era il più vicino ad Enrico Dal Ciotto, e se per il secondo mi è venuto sott'occhio.
E non hai avuto occasioni di rompere con nessuno? Le ho cercate, ma ho fatto fiasco. Ho detto a Enrico Dal Ciotto che si chiamano decadenti in arte solamente quelli che non sanno star ritti; ed egli non è andato in collera. Gli ho detto che le cravatte larghe le portano i petti stretti e mal formati.... E lui? Mi ha risposto ch'era in tutto e per tutto della mia opinione.
Io posso assicurare per mia esperienza che è un numero eccellente, un numero aureo. Tutte le cose che ho fatte in un giorno tredici mi sono andate benissimo. Ah sì? esclama Enrico Dal Ciotto, strascicando anche la frase, come se la tirasse con l'argano. Certamente; gli rispondo io, senza scompormi, e sul medesimo tono.
È chiaro come il sole, che ne buscherò parecchie, anzi molte; ma non farò la figura di Enrico Dal Ciotto, e ne restituirò più d'una.
Sorrido al complimento, e tanto più volentieri, poichè vedo la cera brusca di Enrico Dal Ciotto, che si era avvicinato allora allora, precedendo di due passi i colleghi satelliti. Quanto a te, caro, ti tengo. "Ah sì?" E strascica pure i tuoi, monosillabi. Alla seconda di cambio, ti voglio; e vedrai che bel giuoco.
Amo quella ragazza; e se mi riesce, la sposo. Ah sì? Certamente. Ma ecco, soggiunge Filippo, rìdendo, senza volerlo, si casca a ripetere il tuo dialoghetto col signor Enrico Dal Ciotto. Eccoti dunque, mio caro Rinaldo, eccoti dunque il segreto dell'anima mia. Per una volta tanto, sono innamorato morto.
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