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E passò un altro giorno, eppoi un altro: era il tre di novembre; la vigilia eravamo stati di un umor perfidissimo; senza provare alcuno dei sentimenti dettati dalla religione, quelle campane che invitavano a andare a commemorare i defunti, ci facevano pensare ai nostri poveri morti, a quelli che caddero per le nostre idee, a quelli che cadevano in quel mentre per far scudo coi loro corpi a una pericolante repubblica, per opporre un'argine all'irrompente valanga dei venduti soldati della monarchia degli Hokenzöllern... Noi eravamo mesti, e si passava intere mezz'ore difaccia alle quadrelle dell'inferriata, tanto per vedere quel miserabile lembo di Cielo: orizzonte rimpiccolito come quello dell'idee che ci bollivano in testa e che non si potevano espandere.

Pure si dolea sempre al cielo che non concedeva anche ad esso un figlio, per infondergli in petto il suo foco e l'odio suo, invido quindi ordiva sempre insidie alla giovanile imprudenza d'Anselmo, che sebbene valoroso alfine vi cadde.

Dove son io? richiese timidamente. Tanto la vecchia che la giovane, senza replicare parola, diressero gli occhi verso una pia imagine pendente dal muro e quindi al cielo. Non m'intendete voi forse, o pie donne? proseguì la fanciulla, a cui il trovarsi fra due persone del suo sesso aveva dato coraggio. Ma le due donne non risposero manco a questa domanda.

Il cielo era tutto bianco, simile a una compagine di veli sovrapposti in mezzo a cui l'aria circolasse producendo larghe e mobili pieghe. Qualcuno di quei veli pareva a quando a quando distaccarsi, avvicinarsi alla terra, quasi radere la cima degli alberi, lacerarsi, ridursi in lembi cadenti, tremolare a fior del suolo, vanire. Le linee dalle alture si volgevano indeterminate verso il fondo, si scomponevano, si ricomponevano, in lontananze illusorie, come un paese in un sogno, senza realit

Oh, voglia il cielo ch'io non abbia un giorno a maledire quei diritti che fatalmente vi siete arrogati sulla mia esistenza. Erminia, figlia mia! E la misera giovinetta, rientrata in stessa dalla voce soave del buon vecchio, coprendosi il volto colle mani, si gettava sul suo letticciuolo rompendo in singhiozzi. Gervaso era oppresso dall'angoscia.

Tolteomec rideva e ringraziava, senza intendere per qual ragione o capriccio il suo ospite ed amico Damiano gli facesse quel giorno i suoi convenevoli nella lingua del cielo, anzi che in quella dei miseri mortali d’Haiti.

E avendo coscienza di non poter lottare contro Maria, che, per suo maggior tormento, apparivale bella e adorna di una grazia incantevole, desiderava di vederla scomparire, sparire per sempre dal mondo. Fatela morire! pregava con gli occhi rivolti al cielo, senza che essi s'inumidissero neppure di una lagrima di rabbia.

A notte piena, eravamo quasi in cielo, su l'altipiano persiano, sublime altare del mondo, i cui gradini smisurati portano popolose citt

Ma un delicato suono di mandolino entrò dalle finestre che davano sul mare: le risa tacquero, tutti tesero gli orecchi. Il suono si avvicinava: e la brigata, come attratta, si affollò alla porta che dava sul terrazzo. Nero era il mare, nella notte nera: altissime, tremolavano le stelle, sul cielo nero. Attraverso l'oscurit

I suoi raggi rossastri apparivano ancora dal ciglio dei colli, che nascondevano bensì l'orizzonte, ma non il vasto padiglione di porpora sotto il quale veniva morendo la luce dell'astro. Bel sole! bel sole! disse Aloise, riaprendo le palpebre, e volgendo una languida occhiata a quello splendore di cielo. Come è bello il tuo morire.... ed il mio! Grazie, Mattei! Giuliani, grazie!