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Io fui radice de la mala pianta che la terra cristiana tutta aduggia, che buon frutto rado se ne schianta. Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia potesser, tosto ne saria vendetta; e io la cheggio a lui che tutto giuggia. Chiamato fui di l

Chiudansi a posta lor questi occhi; omai Il viver di qua giù lieto abbandono; E se poco potei, se poco oprai, Folco, in servigio tuo, cheggio perdono. Poscia cedendo de le piaghe a' guai Fornì del suo parlar l'ultimo suono, Ed agghiacciando il sangue in ogni vena Tragge un lento sospir, ch'a morte il mena.

Ed elli: <<Io ti diro`, non per conforto ch'io attenda di la`, ma perche' tanta grazia in te luce prima che sie morto. Io fui radice de la mala pianta che la terra cristiana tutta aduggia, si` che buon frutto rado se ne schianta. Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia potesser, tosto ne saria vendetta; e io la cheggio a lui che tutto giuggia.

Ond’ elli ancora: «Or : sarebbe il peggio per l’omo in terra, se non fosse cive?». «», rispuos’ io; «e qui ragion non cheggio». «E puot’ elli esser, se giù non si vive diversamente per diversi offici? Non, se ’l maestro vostro ben vi scrive».

Ed elli: <<Io ti diro`, non per conforto ch'io attenda di la`, ma perche' tanta grazia in te luce prima che sie morto. Io fui radice de la mala pianta che la terra cristiana tutta aduggia, si` che buon frutto rado se ne schianta. Ma se Doagio, Lilla, Guanto e Bruggia potesser, tosto ne saria vendetta; e io la cheggio a lui che tutto giuggia.

Ond'elli ancora: <<Or di': sarebbe il peggio per l'omo in terra, se non fosse cive?>>. <<Si`>>, rispuos'io; <<e qui ragion non cheggio>>. <<E puot'elli esser, se giu` non si vive diversamente per diversi offici? Non, se 'l maestro vostro ben vi scrive>>.

Libicocco vegn’ oltre e Draghignazzo, Cirïatto sannuto e Graffiacane e Farfarello e Rubicante pazzo. Cercate ’ntorno le boglienti pane; costor sian salvi infino a l’altro scheggio che tutto intero va sovra le tane». «Omè, maestro, che è quel ch’i’ veggio?», diss’ io, «deh, sanza scorta andianci soli, se tu sa’ ir; ch’i’ per me non la cheggio.

Ond’ elli ancora: «Or : sarebbe il peggio per l’omo in terra, se non fosse cive?». «», rispuos’ io; «e qui ragion non cheggio». «E puot’ elli esser, se giù non si vive diversamente per diversi offici? Non, se ’l maestro vostro ben vi scrive».

colui potei che dal servo de' servi fu trasmutato d'Arno in Bacchiglione, dove lascio` li mal protesi nervi. Di piu` direi; ma 'l venire e 'l sermone piu` lungo esser non puo`, pero` ch'i' veggio la` surger nuovo fummo del sabbione. Gente vien con la quale esser non deggio. Sieti raccomandato il mio Tesoro nel qual io vivo ancora, e piu` non cheggio>>.

Cercate 'ntorno le boglienti pane; costor sian salvi infino a l'altro scheggio che tutto intero va sovra le tane>>. <<Ome`, maestro, che e` quel ch'i' veggio?>>, diss'io, <<deh, sanza scorta andianci soli, se tu sa' ir; ch'i' per me non la cheggio. Se tu se' si` accorto come suoli, non vedi tu ch'e' digrignan li denti, e con le ciglia ne minaccian duoli?>>.