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Quel rotolo intanto aveva attratto la sua attenzione. Rimase un pezzo seduto sopra un divano a guardarlo. Quella era musica della marchesa Ginevra, che egli aveva presa qualche tempo innanzi, per leggerla al cembalo, e che voleva restituirle. Ma, guardando quel rotolo, gli venne in mente che forse era male mandarlo pel servo. Avrebb'egli fatta la commissione quel giorno medesimo?

Quel cane di Mohamed Ahmed è fortunato. E anche un grand'uomo, disse Abd-el-Kerim. Zitto, dissero improvvisamente alcuni arabi. Che c'è? chiese Notis, stizzito da quell'intimazione. Udite?... Al di fuori si suonava un cembalo e tratto tratto s'udivano fragorosi battimani uniti alle grida di: Viva l'almea! Che succede? domando Oòseir, alzandosi.

Ida dunque aveva aperto il cembalo e lasciava che le sue belle dita errassero alla ventura sui tasti, quando a un tratto il conte entrò cosa insolita a quell'ora. Era vestito con molta cura ed il suo viso sembrava irradiato da una espressione di contento.

Enrico disse a un tratto Agatina, rompendo il silenzio è tardi... Andiamo via di qui! E i due vecchi si alzarono. Quando ebbero fatti pochi passi, si fermarono. Lo stesso suono usciva dal cembalo, lo stesso suono che poc'anzi avevano udito, e una voce giungeva alle loro orecchie, modulata al solito con un accento ad essi familiare, delizioso. I due non si mossero più.

Le sue labbra tentavano di pronunziare una preghiera. Finalmente il motivo fu nuovamente solo, ma questa volta lieve lieve come l'eco di un'altra vita. Poi, d'improvviso, gli accenti divennero talmente sonori, arcani, che pareva il cembalo dovesse spezzarsi. Le ultime note erano tremende di dolore.

Quando vi era, ella frugava dappertutto, guardava ogni cosa, apriva i fascicoli di musica e li percorreva lungamente con lo sguardo, come se avesse saputo decifrare le note, toccava quasi paurosamente i tasti del cembalo, faceva mille domande cui Guglielmo rispondeva talvolta ridendo, talvolta cupo; e sopratutto lo guardava lungamente come se nel suo viso avesse trovato la spiegazione di tutto ciò che le riesciva incomprensibile.

Egli guardava quella stanza piena dei ricordi del loro affetto, quei libri che avevano sfogliato insieme e tanti dei quali erano stati comperati e offerti da lui, guardava quel cembalo chiuso, quei quaderni di musica di cui egli le aveva voltate le pagine, quelle tappezzerie, quelle stampe, quei mobili, quei gingilli, quei quadri, tutte forme note e care, parlanti al suo cuore un linguaggio domestico.

In quello stesso salotto, tre anni innanzi, si erano incontrati per la prima volta Roberto e Antonietta. Il Brinda era , con la sua veste da camera, con la sua papalina a rabeschi dorati, tra il tavolino e il cembalo, sorridente a qualche suo pensiero; bel vecchio, tale e quale lo ha conosciuto il lettore al principio di questo racconto.

Intorno a qualche cosa che vi concerne molto.... molto intimamente. Dite, dite, rispose Ida, impallidendo suo malgrado. È vero che.... Il povero giovane si sentiva soffocare. Che il marchese di Sentis ha chiesto la mia mano? interruppe Ida vivamente. , è vero. Disse queste parole rapidamente con accento franco e sicuro.... pure era turbata. Si alzò e chiuse il cembalo.

Ho fatto un sogno stanotte... Mi è parso che avevo sentito laggiù... nella stanza dove c'è il cembalo... cantare una di quelle canzoni che tu stesso insegnavi ad Antonietta quando era bambina... mi suonava nell'orecchio proprio la sua voce... ho dato una spinta all'uscio... e... era lei... tutta vestita di bianco... Mi sono slanciata per abbracciarla, e gridarle: figliuola, figliuola!... ma allora mi sono svegliata.