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E a Castelfidardo, a Gaeta, non erano republicani che assaltavate! Con che legalit

La conversazione trascorreva animata sugli avvenimenti del giorno, e Volpe adiratissimo, dopo di aver narrato di Ancona e di Castelfidardo, disse: «Una volta si contava tra le più astute, come astutissima la nostra corte, e massime poi la più furba ancora, consigliera della stessa la Compagnia di Gesù, tenuta per stupenda ed universale nel sapere ogni cosa di questo mondo e sventarla, quando tale cosa poteva nuocere agl'interessi di santa Madre Chiesa.

Come voi, rosei e frementi nei loro vent'anni, eran coloro che dal 48 al 70 combatterono per redimere l'Italia eran come voi animosi e gagliardi gli studenti che a Curtatone e Montanara, come a Roma, tennero alto agli albori del nostro risorgimento, il genio e il valore italiano; come voi erano entusiasti e nobilmente ribelli i Mille compagni di Garibaldi, che salpando da Quarto compirono il più grande fatto storico dell'epoca moderna; e giovani come voi erano i caduti sui campi di battaglia per la causa santissima da Custoza a Milazzo da S. Martino a Calatafimi da Pastrengo a Bezzecca da Volturno a Castelfidardo e Mentana; e le zolle d'Italia, ricoprono ovunque pietose le ossa generose di quella balda e fiera gioventù, che tutto abbandonando affrontava la morte al grido di «Viva Italia!...»

Cialdini era l'uomo di Castelfidardo, ma anche di Aspromonte, nemico delle schiere volontarie per principio, e perciò gradito alla Francia. In Firenze l'eccitazione si faceva sempre più grande; e nel dilemma: ritornare alla convenzione e ubbidire alla Francia; o mettersi dalla parte della rivoluzione e romperla con Napoleone; non si sapeva quale via fosse meno pericolosa.

La situazione era epica: suolo campano e Capua a poca ora; grandi ombre di consoli romani e di Annibale; incontro degli eserciti di Castelfidardo e di Maddaloni; vigilia della battaglia; contatto della camicia rossa e della porpora; d'un principe ricevitore e d'un popolano datore di una corona; trasformazione d'un regolo in re d'Italia.

Correva il tempo in cui l'esercito liberatore di Cavour, dopo i fatti strepitosi d'Ancona e di Castelfidardo, marciava sul mezzogiorno d'Italia per combatterne la rivoluzione, ed in caso la rivoluzione non avesse voluto accettare la sfida, eseguire ciò che eseguisce generalmente la sedicente giustizia umana, quando possiede grossi battaglioni: dividere l'ostrica, darne una valva od una bastonata ai contendenti, e mangiarsi il buono.