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Onde Cristo, che troppo bene conosceva il malvagio ingegno di questo fallace nemico: State disse a gli apostoli e a' suoi cari discepoli saggi ed avveduti a guisa de li serpenti e de gli aspidi sordi, i quali, come è scritto nel salmo, si riturano gli orecchi acciò che non sentano la voce li versi de l'incantatore.

Tanto mi parver subiti e accorti e l'uno e l'altro coro a dicer <<Amme!>>, che ben mostrar disio d'i corpi morti: forse non pur per lor, ma per le mamme, per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme. Ed ecco intorno, di chiarezza pari, nascere un lustro sopra quel che v'era, per guisa d'orizzonte che rischiari.

Diseredato di qualunque affetto, superstite ai cari figli, che io disegnava uccidergli con varia morte, orfano del cuore come aveva fatto me... quando la vita gli fosse riuscita di supplizio, la morte sollievo, conservarlo finchè i suoi polsi avessero sentito spasimo di agonìa; quando poi l'anima stupidendosi si fosse adattata alla sventura... allora precipitarla per via di sangue nel sepolcro sanguinoso dei suoi.

Ivi erano accorsi tutti que' di Nebiolo, uomini e figli: innalzavano un mesto pianto e faceano risuonare per que' luoghi abbandonati i cari nomi di Marcellina e di Girani, e a quei nomi rispondeano le conscie valli con pietosi ululati, mentre i soldati salutavano la terra che ricopriva gli estinti colla fiera armonia dei fucili.

La villa gli riusciva troppo onerosa con l’obbligo di conservare il parco passivo, coll’abitazione troppo grande che rappresentava un altro capitale infruttifero, e le convenienze della moglie che lo obbligavano a mantenere due cugini parassiti, che gli costavano cari.

Una mattina l’Ab. Carì dopo di aver celebrato messa nella chiesa di S. Matteo, si stava spogliando degli abiti sacerdotali nella sagrestia. Nel frattempo gli si presenta un uomo, che lo prega di volere udire due suoi sonetti, o di dirgli quale gli sembri degno di vedere la luce. L’ab. Carì china benevolmente il capo ad ascoltare. Mentre lo sconosciuto legge il primo sonetto, il Carì si fa brutto in faccia. Finita la lettura, gli dice secco secco: «Stampate l’altro».

Annunziavano ai loro congiunti del Modenese il prossimo matrimonio di Ruggero con una Campolonghi di Modena. Famiglia ottima, i Campolonghi, ed eccellente partito; perciò si affrettavano a darne l'annunzio, sicuri che la cosa avrebbe fatto piacere ai loro cari parenti.

To', poichè il signor Marone mi è capitato qui sotto il becco della penna, ci stia un poco; ed abbiate pazienza, cari lettori, mentr'io mi indugio un tantino a schizzarvene il ritratto alla sfuggita.

"Signora! disse Orazio con una voce che fe' rimescolare ancor più la nostra buona Silvia tanto essa era dolce e filiale Signora! il giorno non deve trovarci in queste macerie e subito che vi sia tanta luce da poter mettere il piede sicuro sul sentiero della foresta noi dobbiamo internarci allontanandoci dalla sede dei nostri nemici". "E Manlio, Aurelia, e Giulia?" disse la donna volta dolorosamente col pensiero a quei cari.

Non le erano mai parsi tanto belli. Dio! Dio! Che dolore!... Anche i suoi gioielli le erano cari, cari, cari... come la sua casa, come tutto! Che strazio doversene dividere! Dio! Dio! Com'era infelice! Che cosa doveva fare? Che cosa poteva fare? E pensando, pensando e sospirando alzò il capo, e si vide riflessa nel grande specchio che le stava dinanzi e che teneva tutta una parete, fino a terra.