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«Un giorno, era domenica mi ricordo bene, e la bettola piena, zeppa di gente. «Io ci entro, do un'occhiata intorno e non trovo neppure un amico, tranne il mio croato che soletto in un canto trinca la sua caraffa. «Piuttosto che rimanermi solo mi reco da lui.

Finalmente questa volta nella lotteria era toccato un buon numero agli ebrei, ma appunto, perchè era una lotteria, poteva tutto ad un tratto venirne fuori uno cattivo. Infatti pochi anni dopo la morte di Sisto V, Clemente VIII, Aldobrandini, revocò tutte queste liberali disposizioni e rinnovò l'editto Caraffa, ripiombando gli ebrei nella desolazione.

Ma tanto l'odio eccessivo del popolo, come l'amore eccessivo può riuscire incomodo, e se alcuni momenti prima, il giovane Palavicino, aveva ragionevolmente provato qualche timore, adesso si sentì sopraffatto da una noja mortale. La folla gli si stipava sempre più intorno, e chi gli diceva una cosa, chi l'altra, chi gli profferiva la cena, chi il letto, chi la vita; quel bevone principalmente che gli aveva fatto il piacere di stornare da lui l'ira popolare, si ricattò poscia tormentandolo incessantemente colla sua caraffa in pugno, ed essendosi intestato che propriamente dovesse bere, gi

Il giovane diede un'occhiata fra quei commensali, se ve ne fosse qualcuno del suo borgo, o delle terre vicine, per chiedergli di sua madre; ma non v'era faccia che gli tornasse nota. Stette gomitoni aspettando il suo pasto, e pensava che se egli fosse stato in quel luogo a mal fare, di cento volte novanta vi sarebbe stato un testimonio delle sue parti; quando l'oste venne oltre, portando alto un pollo lesso di tal fragranza, che avrebbe fatto gola ad uno, tornato allora allora da un pranzo di nozze. Lo mise innanzi a Giuliano, vicino ad una caraffa di vino paesano, e versatogli di questo, additandogli il bicchiere gli disse: «Questo le parr

E dicendo voleva di tutti i conti che il Palavicino si prendesse la caraffa. Intanto la moltitudine, all'udire che quel cavaliere era il marchese Palavicino, tosto cangiò gli urli in evviva.

È come se avessi rotto un caraffa di cristallo finissimo. C'è tutto il Cellulare sottosopra. Il secondino di servizio guardò i cocci con aria di sospetto, fece un'annotazione e richiuse l'uscio. Rividi lo stesso agente con un sottocapo, il quale entrò a dare un'occhiatina ai frantumi. Come avete fatto a romperla? Cadde. Me ne faccia dare un'altra a mie spese. Uhm!

Sia per non detto; un'altra caraffa.... e amici come prima. Eh! che del vostro birrone me ne infischio.... è un acquerello che nemanco vale a rasciacquar le gengìe. Fate portar del buon cognac; quello m'acconcia lo stomaco. Bottega! cognac, del buono.

Essendosi rotta la guerra contro il Turco Ignazio si portava a Venezia dove conobbe il Caraffa; e desideroso investigare che avesse di buono l'ordine dei Teatini per farne suo pro prese stanza nel convento loro; anch'egli a visitare gl'infermi, e ogni altro esercizio di carit

Quasi non bastassero queste zanne alla romana belva ne provvidero, o piuttosto ne rinnovarono un'altra più terribile di tutte, intendo parlare della inquisizione, e ciò pei conforti dei Cardinali Caraffa, che poi fu Paolo IV, e Bürgos Alvarez di Tolcdo.

Nell'angolo destro c'è un fornelletto a due buchi, in quel sinistro un acquario; vicino una secchia colla tazza di latta sopravi; poi una cassapanca che fa da canterano, una scancia su cui qualche stoviglia, tre bicchieri, una bottiglia nera, una caraffa bianca incrinata e un acetabolo senz'ampollini; appesi al muro un ramino, un mestolone ed una padella.