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Si cangiará piú tosto il mondo che cangi io voglia o pensiero, o Amasia. Lasciar io di amar Cintio? sarebbe piú possibile lasciar la vita: sarò di Cintio o della morte! Certo costui v'ará ammaliato. LIDIA. Le malie che ave usate contro di me sono i suoi gentil modi, i graziosi costumi e la sua bellezza. BALIA. O immutabil petto di femina, certo che voi non parete donna!

che se tu a ragion di lui ti piangi, sappiendo chi voi siete e la sua pecca, nel mondo suso ancora io te ne cangi, se quella con ch’io parlo non si secca». Inferno · Canto XXXIII La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’ capelli del capo ch’elli avea di retro guasto.

OTTAV. Avean miei padri regno; noti ad ogni uomo i loro error son quindi: ma, degli oscuri o ignoti tuoi chi seppe cosa giammai? Pur, se librar te meco alcun si ardisse, a Ottavia appor potria gli scambiati mariti? avanzo forse son io d'un Rufo, o d'un Ottone? NER. Avanzo di morte sei, per breve tempo. Omai del tuo perire, incerto è solo il modo; ma nol cangi, che in peggio.

Poi non debbe esser vero; e tu lo dici per vedermi morire. PILASTRINO. Oh! tu ti cangi cosí di cera! E' par che abbi paura di quel marcetto. N'è ben gran pericolo che ti scavalchi! GIRIFALCO. Or to' questi ristori, Girifalco meschino. E , fu vero? Era pur dentro in casa quel tignoso? Vedesti 'l tu?

pregoti per l'ardor che m'addoglia, ne voli in quella amena e cruda valle ov'è chi sol può darmi e morte e vita; e cantando gli di' che cangi voglia, volgendo a Roma 'l viso, e a lei le spalle, se vuol l'alma trovar col corpo unita. XLV. Allo stesso Ove son quelle luci alte e divine in cui dolce si vive e insieme more? ov'è la bianca man, che lo mio core stringendo punse con acute spine?

Qual felice fia per l'Orïente Alma, o paga degli uman desiri, Che per invidia non divenga ardente, Quando alle tue grandezze ella rimiri? Tu su le voglie d'Ottoman possente ch'ubbidisca del tuo guardo ai giri? che cangi color per tuoi sembianti? che venga di ghiaccio a te davanti?

che se tu a ragion di lui ti piangi, sappiendo chi voi siete e la sua pecca, nel mondo suso ancora io te ne cangi, se quella con ch'io parlo non si secca>>. Inferno: Canto XXXIII La bocca sollevo` dal fiero pasto quel peccator, forbendola a'capelli del capo ch'elli avea di retro guasto.

Lo so, signori, lo so: e la mia gratitudine... La sua gratitudine ce la dimostri seguendo un mio consiglio, che quasi potrei chiamare paterno. Da domani cangi vita e costumi. Studi un po' meno il cattivo latino delle Pandette e vada a far pratica in una sala d'arme. Io starei anzi per due lezioni al giorno.

che se tu a ragion di lui ti piangi, sappiendo chi voi siete e la sua pecca, nel mondo suso ancora io te ne cangi, se quella con ch’io parlo non si secca». Inferno · Canto XXXIII La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’ capelli del capo ch’elli avea di retro guasto.

che se tu a ragion di lui ti piangi, sappiendo chi voi siete e la sua pecca, nel mondo suso ancora io te ne cangi, se quella con ch'io parlo non si secca>>. Inferno: Canto XXXIII La bocca sollevo` dal fiero pasto quel peccator, forbendola a'capelli del capo ch'elli avea di retro guasto.