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«Dopo la battaglia di Waterloo e la seconda abdicazione di Napoleone, Luigi XVIII volle deferire ai consigli di guerra i colpevoli di aver tradito il re prima del 23 marzo, e di avere attaccata la Francia e il suo governo a mano armata. Con ordinanza del 24 luglio mandò Ney, Cambronne ed altri ai giudici militari. Il maresciallo fu difeso da Berryer, padre, che sostenne l'incompetenza del Consiglio di guerra. Queste furono le ragioni sostenute: il giudizio su preteso crimine di Stato non essere domandato ad un Consiglio di guerra. Il sovrano, capo dell'esercito, si osservò, non poteva pronunziare in causa propria, per giudizio dei suoi ufficiali. L'articolo 33 della Costituzione affidava alla Camera dei Pari la procedura per i crimini di alto tradimento. Gli articoli 62 e 63 vietavano di sottrarre un prevenuto ai suoi giudici naturali. Il re per un altro articolo del Patto costituzionale stretto con la nazione aveva renunziata la potest

Parlammo del Bixio, e quello, ch'ei dicesse ferito, riferimmo; però leggo nelle memorie che mi vennero fornite, che alle parole aggiunse atti, che tacere è bello, imperciocchè la mia indole non consenta andare in visibilio, come sembra che accada a Vittore Ugo, di cenni, o di detti all'usanza del Cambronne della vecchia guardia; ma mi sento sforzato a notare le parole meste, e solenni di rassegnazione e di grandezza con le quali conchiudeva la sedicenne vita il Savoia da Mantova: «guarda me dispiass soltant a meurar perchè vedi miga l'Italia libera