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che non paresse aver la mente ingombra, tentando a render te qual tu paresti la` dove armonizzando il ciel t'adombra, quando ne l'aere aperto ti solvesti? Purgatorio: Canto XXXII Tant'eran li occhi miei fissi e attenti a disbramarsi la decenne sete, che li altri sensi m'eran tutti spenti. Ed essi quinci e quindi avien parete di non caler cosi` lo santo riso a se' traeli con l'antica rete! ;

Bernardo, come vide li occhi miei nel caldo suo caler fissi e attenti, li suoi con tanto affetto volse a lei, chemiei di rimirar più ardenti. Paradiso · Canto XXXII Affetto al suo piacer, quel contemplante libero officio di dottore assunse, e cominciò queste parole sante: «La piaga che Maria richiuse e unse, quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi è colei che l’aperse e che la punse.

ond’ ir ne convenia dal lato schiuso ad uno ad uno; e io temëa ’l foco quinci, e quindi temeva cader giuso. Lo duca mio dicea: «Per questo loco si vuol tenere a li occhi stretto il freno, però ch’errar potrebbesi per poco». ‘Summae Deus clementïae’ nel seno al grande ardore allora udi’ cantando, che di volger mi caler non meno;

Bernardo, come vide li occhi miei nel caldo suo caler fissi e attenti, li suoi con tanto affetto volse a lei, chemiei di rimirar più ardenti. Paradiso · Canto XXXII Affetto al suo piacer, quel contemplante libero officio di dottore assunse, e cominciò queste parole sante: «La piaga che Maria richiuse e unse, quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi è colei che l’aperse e che la punse.

Vidi a lor giochi quivi e a lor canti ridere una bellezza, che letizia era ne li occhi a tutti li altri santi; e s'io avessi in dir tanta divizia quanta ad imaginar, non ardirei lo minimo tentar di sua delizia. Bernardo, come vide li occhi miei nel caldo suo caler fissi e attenti, li suoi con tanto affetto volse a lei, che miei di rimirar fe' piu` ardenti. Paradiso: Canto XXXII

che non paresse aver la mente ingombra, tentando a render te qual tu paresti la` dove armonizzando il ciel t'adombra, quando ne l'aere aperto ti solvesti? Purgatorio: Canto XXXII Tant'eran li occhi miei fissi e attenti a disbramarsi la decenne sete, che li altri sensi m'eran tutti spenti. Ed essi quinci e quindi avien parete di non caler cosi` lo santo riso a se' traeli con l'antica rete! ;

Madre... non so più reggermi! mi batte terribilmente il cuore... vacillo... aiuto, aiuto! Aiuto, aiuto! Arrigo, Arrigo mio, ricordati di me... della tua Emma... Emma, Emma... non disperare... il capitano caler

ond'ir ne convenia dal lato schiuso ad uno ad uno; e io temea 'l foco quinci, e quindi temeva cader giuso. Lo duca mio dicea: <<Per questo loco si vuol tenere a li occhi stretto il freno, pero` ch'errar potrebbesi per poco>>. 'Summae Deus clementiae' nel seno al grande ardore allora udi' cantando, che di volger mi fe' caler non meno;

ond'ir ne convenia dal lato schiuso ad uno ad uno; e io temea 'l foco quinci, e quindi temeva cader giuso. Lo duca mio dicea: <<Per questo loco si vuol tenere a li occhi stretto il freno, pero` ch'errar potrebbesi per poco>>. 'Summae Deus clementiae' nel seno al grande ardore allora udi' cantando, che di volger mi fe' caler non meno;

ond’ ir ne convenia dal lato schiuso ad uno ad uno; e io temëa ’l foco quinci, e quindi temeva cader giuso. Lo duca mio dicea: «Per questo loco si vuol tenere a li occhi stretto il freno, però ch’errar potrebbesi per poco». ‘Summae Deus clementïae’ nel seno al grande ardore allora udi’ cantando, che di volger mi caler non meno;