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La Francia generosa ed eroica ripetè dopo settant'anni le glorie del novantasei contro lo stesso nemico; ma anche questa volta parve che i Bonaparte non potessero compire l'Italia.

¹ Masina è la più bella figura marziale, che io m'abbia veduto nell'esercito Italiano. Egli e Daverio furon gli eroi della giornata respingendo l'attacco del nemico con un'audacia degna de' tempi antichi. Ambi, Masina e Daverio, morirono il 3 Giugno; i loro cadaveri furono trovati in mezzo alle riserve dei quarantamila soldati del Bonaparte che ci attaccarono traditoriamente in quel giorno fatale.

E qui con noi mirate pure finalmente, o cittadini, Carlo Bonaparte, che nato ai piedi del piú splendido trono del mondo, e principe del sangue, vi si presenta con non altra divisa che quella di sergente crociato, valoroso e generoso campione ovunque si discuta e si agiti la causa d'Italia.

Era bell'e spacciato il nostro Bajaicò, ed i Mille perdevano uno dei migliori militi; ma la provvidenza non so se fosse la stessa provvidenza invocata da Guglielmo di Prussia quando col compagno Bonaparte mandavano al macello Tedeschi e Francesi oppure la provvidenza del papa-re quando facea decapitare i liberali e cercava di vendere l'Italia anche al diavolo se la pagava meglio degli altri la provvidenza nol volle.

La guerra fu economicamente e moralmente la forza animatrice del suo governo: economicamente, perché col modesto sviluppo del benessere interno il bottino dei paesi stranieri offriva l'aiuto indispensabile a sostenere la dispendiosa amministrazione burocratica; moralmente, perché egli sapeva, e il pretendente Luigi Bonaparte lo ha sovente confessato, che le aspirazioni di libert

In que' giorni era capitato a Firenze Carlo Luciano Bonaparte principe di Canino, che, dopo aver messo il maggiore scompiglio in Roma, veniva ad aumentarlo in Toscana; vi erano pure capitati i due Romeo, Gio. Andrea e Pietro Aristeo, i quali avevano diretto l'insurrezione delle Calabrie; e dietro loro e con loro gente d'ogni paese e condizione. La sera de' 5, per festeggiare Garibaldi, fu tenuta una straordinaria adunanza del Circolo del Popolo ; «uno fra i Circoli che in Firenze esercitavano la influenza maggiore e la piú notevole», e che «nato nella sala di una quieta e remota contrada della riva sinistra dell'Arno, divenne ben presto cosí numeroso, e di tanto concorso di uditori affollato, che v'ebbe la necessit

Io ho sorriso di disprezzo alle meraviglie dei chassepot con cui Bonaparte voleva spaventare tutto il mondo, ed il valore tedesco ha ben provato la millanteria dei servi della menzogna e della tirannide. Ciò ci serva, e ci serva l'odierno esempio della Germania, il di cui entusiastico patriottismo caccia in questi giorni davanti a il creduto primo esercito del mondo.

Non mancò a Napoleone il suo improvvisatore imperiale, Francesco Gianni, che, pensionato con seimila franchi l'anno, cantava: Quell'eroe terribil tanto, Onde Ettor di vita uscì, In due lustri non fe' quanto Bonaparte in un sol .

E, in un'Ode a Bonaparte, due anni fa: Le peuple souverain qu'un Héros sent défendre N'obéira qu'aux Lois; Et l'heureux Bonaparte est trop grand pour descendre Jusqu'au trône des Rois.

Più seguito ebbe la condotta dello stesso pretendente. Non lasciò correre un istante, che non profittasse dell'ora favorevole: per cinque volte in cinque mesi diede con lettere pubbliche notizia di alla nazione. E nel febbraio apparve a Parigi «per mettersi al servizio della sua patria». Nella lettera al governo provvisorio viene espressa l'esatta concezione bonapartistica della rivoluzione di febbraio: egli ammira il popolo di Parigi il quale «ha eroicamente cancellato le ultime tracce dell'invasione straniera». Accolto dal governo con diffidenza, ritornò subito a Londra, dopo aver dichiarato con un'altra lettera ai governanti: «Dal mio sacrifizio riconosceranno la purezza delle mie intenzioni». Nelle elezioni dell'assemblea nazionale nel giugno, il nome del principe sortì in quattro dipartimenti, anche a Parigi, mentre vigeva tuttora a suo danno la legge di proscrizione. Il governo propose che fosse mantenuta. Ma siccome i radicali, con a capo Jules Favre, espressero la fiducia, che i Bonaparte non potevano più in nessun modo riuscire ora poi pericolosi alla repubblica, si decise per la riammissione del principe. Una tale cecit