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GIRIFALCO. Ecco, or costui mi vuol brugiar di qualche bolognino con queste parolette: ché son fatti come 'l tizzone. Ma son bene allegro, se mena il negromante. Entrerò in casa: ché mi par di sentire un ventarello non molto sano. Siro servo, non introdotto in altro luogo che in questo, parlando con Timaro, apre e lume a la favola: e questo è costume degli antichi comici. SIRO. TIMARO servi.

E, partitesi l'una da l'altra, Fronesia si pensa di non cercar piú Filocrate ma fare, in favor di Crisaulo, uno inganno a Lúcia. ARTEMONA. Che farai, vecchia? Vuoi dare a Crisaulo questa cattiva nuova? Io veggio certo che non si fa per te. Gliel dirò pure; ma in destro modo. E vo' veder s'io posso farlo suonar di qualche bolognino per riavermi di quella paura che m'ha fatto colei.

GHERARDO. Perché? SPELA. Perché giá cominciate a fare a suo modo. Le brache saran pur le sue. GHERARDO. Vanne alla buttiga di Marco profumiere e comprami un bossol di zibetto, ch'io voglio andare in su l'amorosa vita. SPELA. I denari ove sono? GHERARDO. Eccoti un bolognino. Va' presto. Io m'avvio a casa. SPELA servo e SCATIZZA servo di Virginio.

Quando lo domandai al profumiere e dissi ch'io non avevo piú d'un bolognino, cominciò a dire ch'io non avevo tenuto a mente e che Gherardo doveva aver detto un bossol d'onguento da rogna: ché n'aveva bisogno; ché sapeva che non usava zibetto.