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Portava dipinto l’emblema dell’Ordine: un cane con una fiaccola accesa in bocca e varî motti biblici, tra’ quali: Quis ascendit in montem sanctum Domini? da un lato; e dall’altro: Innocens manibus et mundo corde. Questa portantina non vuol far dimenticare la famosa carrozza del terribile Tribunale, stata ceduta al Senato²⁵⁰.

Li udite i singhiozzi della terra?... La Terra agonizza nell'orrore della luce!... Troppi soli si chinarono al suo livido capezzale! Bisogna lasciarla dormire!... Ancora! Sempre!.. Datemi delle nuvole, dei mucchi di nuvole, per coprire i suoi occhi e la sua bocca che piange! A queste parole il Sole ci porse dall'estremit

Parlate pure: soggiunse tornando rivolgersi al pittore. Antonio apriva la bocca, quando l'uscio della stanza s'aprì ed entrò la superba, imponente ed importante persona del signor dottore. Vanardi rimase in asso, e Carlotta disse alla marchesa: Ecco il dottore.

Giuliana anche dormiva, ma con la testa abbandonata alla spalliera, con le mani posate lungo i bracciuoli. I suoi lineamenti s'erano come distesi nella dolcezza del sonno; ma la sua bocca conservava una piega triste, un'ombra d'afflizione: socchiusa, mostrava un poco della gengiva esangue; ma alla radice del naso, tra i sopraccigli, rimaneva il piccolo solco scavato dal grande dolore. E la fronte era madida: una stilla rigava lenta una tempia. E le mani, più bianche della mussolina da cui escivano, parevano confessare con la loro posa esse sole una immensa stanchezza. Su nessuna di queste spirituali apparenze io mi fermai come sul grembo che conteneva ormai l'essere gi

Emilio stette un poco a pensarci, e poi disse: È giusto... Sia pure... Ma le domando il favore di parlare io con Matilde e di udire io stesso dalla sua bocca la mia sentenza. Matilde acconsentì, anzi disse che le piaceva meglio esprimere essa stessa, faccia a faccia, i suoi sentimenti al cugino Lograve.

E tuttavia egli sarebbe stato mio figlio! Egli m'avrebbe forse fisicamente rassomigliato. Io avrei forse riconosciuto in lui l'ampiezza della mia fronte, il color de' miei occhi, il taglio della mia bocca. Tutto avrebbe gridato contro di me.

La invettiva che egli pone in bocca al popolano Sarudda nel brindisi al Genio di Palermo nella Fieravecchia è oramai documento storico. Ieu vivu a nnomu , vecchiu Palermu, Pirchì eri a tempu la vera cuccagna; Ti mantinivi cu tutta la magna, Cu spata e pala, cu curazza ed ermu!

FESSENIO. Sono un... presso ch'io non ti dissi. Or io darò una volta e tornerò a Fulvia. SAMIA. Ben farai. FESSENIO. Se Fulvia sapesse quel ch'io so, non se cureria di spirti; perché Lidio brama piú d'esser con lei che essa non fa e oggi vuol trovarsi seco. E di mia bocca glie ne voglio dire io, perché so mi donerá qualche cosa. Però nol dissi a Samia.

Ma un’occhiata di Cosma gli mozzò in bocca il nome che egli stava per proferire.

Maledetta la saetta! brontolò tutto quel giorno in cui parve più distratto e più incontentabile del solito: e il rimorso, misto all'amaro sapore della stizza, gli saliva alla gola e gli riempiva la bocca ancora quando si cacciò sotto le coltri; per la prima volta stentò a pigliar sonno: e il letto gli parve pieno di stecchi. L'incontro.