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«Ch'io sia stato cacciato di Francia senza cagione, senza difesa, per solo arbitrio ministeriale e bench'io vivessi indipendente, fuori d'ogni deposito e di mezzi miei, non ha di che sorprendere alcuno come fatto d'un Governo corrotto e corrompitore, che fu successivamente spergiuro sui Pirenei, birro in Ancona, denunziatore in Frankfort, e persecutore, in nome e a pro della Santa Alleanza, dovunque spuntava un raggio d'indipendenza, dovunque s'incontrarono anime generosamente altere in preda a sciagure virilmente durate.

Se di così selvaggio e così duro legno aspro frutto, ohimè, v'aggrada: chi fia ch'unqua vi miri e poscia vada di non sempre penar, Donna, securo? Bench'io, poi ch'ognor più m'inaspro e induro del duol, cui lungo a voi fo larga strada de la mia pena sola, non pur rada fra quante sono al mondo e quante furo,

VIRGINIO. Il dico io, ché mi tocca: bench'io stesso mi feci il male, dandola a nutrire a te che sapevo chi tu eri. CLEMENZIA. Virginio, non piú parole. S'io son stata una trista, m'hai fatta tu. Sai bene che, prima che tu, non mi ebbe altri che il mio marito. Io dico che le fanciulle si voglion trattare altrimenti.

Il popol non mi fa piú riverenza, vengono i dimon, bench'io gl'inviti. Non so se netta sia la coscienza di questi scrittor nuovi fuor usciti, che inutil l'arte magica hanno resa, so se ben la cosa abbiano intesa. Si credeva una volta facilmente de' diavoli e de' maghi il gran potere; che Farfarel venisse fra la gente, per far ora piacere, or dispiacere.

Acquetare ogni tempesta del suo sbattuto cor, tu il puoi d'un detto, d'un sorriso, d'un guardo. Osai giurarle in nome tuo, che in te pensier non entra di abbandonarla mai; che ad alto fine, bench'io nol sappia, in Roma Ottavia appelli; ma non a danno di Poppea. NER. Tu il vero, fido interprete mio, per me giurasti. Ciò le giurai pur io; ma sorda stette. Che vaglion detti?

Ottobre, 25. Un giorno in Roma, nel 1849, mentr'io era ancora semplice rappresentante del popolo e senza parte nella suprema direzione delle cose, saliva a vedermi un giovane ufficiale napoletano. Era Carlo Pisacane. Mi si presentava senza commendatizie; m'era ignoto di nome e, bench'io ricordassi di averlo alla sfuggita veduto un anno prima fra quel turbinìo d'esuli che la dedizione regia rovesciava da Milano e da tutti i punti di Lombardia sul Canton Ticino, io non sapeva gli studî teorici e pratici, la ferita di palla austriaca che lo aveva tenuto per trenta giorni inchiodato in un letto, i principî politici serbati inconcussi attraverso l'esilio e la povert