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Il giorno dopo l'incorporazione della Valtellina e delle contee di Bormio e di Chiavenna nella Lombardia austriaca, che fu il 16 d'agosto del 1815, un bando novello del maresciallo Bellegarde annunziava ai Lombardi che, mossa dal sentimento di predilezione sempre mai dimostrato a' suoi Stati d'Italia, S. M. Imperiale e Reale erasi degnata di porre l'ultima mano all'adempimento delle benefiche sue intenzioni, formando coi detti suoi Stati un regno Lombardo-Veneto.

La è cosa da notarsi che il principe Eugenio, il maresciallo Bellegarde si diedero il minimo pensiero del novello governo instituito in Milano, e dei tanti atti col quale sforzavasi questo d'illustrare il suo avvenimento. Come era facile a prevedersi, l'uno l'altro non faceano caso se non delle potest

In questa giugneva in Milano il maresciallo conte di Bellegarde; il quale promulgò il 25 di maggio l'editto imperiale che lo costituiva commissario plenipotenziario per le province del regno d'Italia, «ora distrutto, e gi

Finalmente, il giorno 12 di giugno del 1814, la popolazione milanese, ridestata dai pubblici preconi, che vendevano gli esemplari di un bando novello, vi lesse quanto seguita: «Noi, Enrico conte di Bellegarde, ciambellano, consigliere, ec., ec., ec., ec.

Dopo quindici giorni sparí del tutto l'illusione dell'indipendenza italiana; con proclama de' 23 maggio il F. M. Conte di Bellegarde solennemente promulgò che non piú in nome delle Alte Potenze coalizzate, ma bensí per il suo sovrano e padrone l'Imperatore d'Austria, Re d'Ungheria e di Boemia, riteneva Milano e le annesse provincie. Dichiarò nel tempo stesso, che da quel giorno cessava l'attivit

Quella lettera, che non sarebbe stata scritta ove il maresciallo Bellegarde non avesse avuto notizia che la giunta non riconoscea l'esistenza della congiura, trasse di angustia i giudici, che mal sapevano porre d'accordo i dettami, alquanto sommessi, della loro coscienza e le ben note brame del governo. Dacchè l'imperatore obbligavasi a non ratificare la condanna che venisse da loro proferita contro gl'inquisiti; ogni scrupolo si dileguava. Se la forza della verit

»Milano, il 5 d'aprile 1815. »Il Governatore generale »Maresciallo BELLEGARDEOra che era egli Murat? Re d'una parte dell'Italia. Quali erano le sue truppe? Truppe italiane. Quali i suoi divisamenti? Discacciar gli stranieri dall'Italia, e riunire la Penisola sotto uno stesso governo. E questi fatti emergono essi dalla lettura del bando di Bellegarde?

Ad onta dei bandi viceregali e delle promozioni testè menzionate, l'esercito italico rimase attonito e costernato in sulle prime dalla notizia dell'armistizio conchiuso fra il principe Eugenio e il maresciallo Bellegarde. Ma ben presto si dileguò quella costernazione. Il generale Teodoro Lecchi assicurò l'esercito che il vicerè non s'indurrebbe giammai ad abbandonarlo, e che ogni sforzo di lui tenderebbe, all'incontro, a stabilirsi fermamente in mezzo all'esercito stesso ed in Italia. Le quali assicurazioni mutarono repentinamente in trasporti di gioia e di riconoscenza le mormorazioni che prima si erano udite. Gli è certo, di fatti, che i generali Fontanelli e Bertoletti, partitisi pria del 20 d'aprile da Mantova per a Parigi, e latori di istruzioni ufficiali per non chiedere altro che la conservazione e l'independenza del reame d'Italia, erano stati inoltre incaricati, non solo dal vicerè, ma e dall'esercito, di far instanza acciò al principe Eugenio venisse data la corona italica. Intanto l'avviso ufficiale del conchiuso armistizio, e l'ordine di convocare il senato per la nomina dei due oratori del governo da spedirsi a Parigi, erano gi

Quanto stupore dovette allora occupare gli animi degl'Italiani sedicenti puri, che teneano in Milano la somma delle cose unitamente con gli Austriaci mitigati e gli Austriaci puri, quando furono edotti della convenzione conchiusa tra il vicerè e il maresciallo Bellegarde, nella quale niun cenno faceasi di loro e dei fatti loro, e in conseguenza della quale le truppe austriache marciavano alla vôlta della capitale! Checchè ne sia, niun d'essi parve sgomentato; e quanto a me, son disposto a credere che attribuirono la mossa delle truppe austriache, non gi

Nell'accennare questa circostanza, sono bene lontano di versare sopra altri ombra di colpa o di sospizione, ed anzi devo soggiugnere che il cancelliere guardasigilli ci mostrò l'ordine del principe, che dietro i concerti presi da esso con S. E. il signor maresciallo conte Bellegarde, dovesse sollecitare la pronta partenza de' deputati per Mantova.