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COS. , la Costanza. Io, Scipio, io sol prescrivo Limiti e leggi al suo temuto impero. Dove son io non giunge L'instabile a regnar: chè in faccia mia Non han luce i suoi doni, orror le sue minacce. È ver che oltraggio Soffron talor da lei Il valor, la virtù; ma le bell'opre, Vindice de' miei torti, il tempo scopre. Son io, non è costei, Che conservò gl'imperi; e gli avi tuoi, La tua Roma lo sa. Crolla ristretta Da Brenno, è ver, la libert

Oggi intendano e intendan per sempre Che non nacquero a ignobile cura, Che son enti d'eccelsa natura, Che la palma celeste è lor fin! Il tuo spirto divino addolcisca Que' germogli del sesso più forte: Non paventin perigli, morte, Ma li tempri alto senso d'amor! Il tuo spirto divino sostenga Que' germogli del sesso più amante: Sieno spose, o sien vergini sante, Ma in bell'opre virile abbian cor!

Signor, pregio e onor di questa etade, cui tutte le virtù compagne fersi, che con tante bell'opre e diversi effetti gite al ciel per mille strade: quai fien, che possan mai tante, e si rade doti vostre cantar prose, versi? Voi saggio, voi clemente, voi cortese; onde nel primo fior de' più verd'anni vi fu dato da Dio grande impero,

Qui conducon le Dive a cui interdetto non è 'l bel monte, e 'ncoronati e molli del santo rio gli rendono a' mortali, perchè rendano a ogniun degna mercede de le fatiche lor, de le bell'opre qual ornando di lauri e qual di mirti. Movete, o sante Dive, a i vostri onori, cinte le tempie d'odorati allori.

Infelice colui che ignobilmente Mira natura e le bell'opre umane, Ed allor più s'estima alto-veggente Che più freddo e schernevol si rimane! Quant'evvi di sublime e d'innocente Gli par macchiato di bruttezze strane: Per le spine la rosa gli par truce, E, perchè il Sole avvampa, odia la luce.

Angiol di luce, or taci: per il mondo non stan contese: Amor porge il bicchiere e ci invita al festino: oh, più fecondo di bell'opre non fu certo il Piacere.