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e tu, figliuol, che per lo mortal pondo ancor giu` tornerai, apri la bocca, e non asconder quel ch'io non ascondo>>. Si` come di vapor gelati fiocca in giuso l'aere nostro, quando 'l corno de la capra del ciel col sol si tocca, in su` vid'io cosi` l'etera addorno farsi e fioccar di vapor triunfanti che fatto avien con noi quivi soggiorno.

e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte. E quei, che ben conobbe le meschine de la regina de l'etterno pianto, <<Guarda>>, mi disse, <<le feroci Erine. Quest'e` Megera dal sinistro canto; quella che piange dal destro e` Aletto; Tesifon e` nel mezzo>>; e tacque a tanto.

che non paresse aver la mente ingombra, tentando a render te qual tu paresti la` dove armonizzando il ciel t'adombra, quando ne l'aere aperto ti solvesti? Purgatorio: Canto XXXII Tant'eran li occhi miei fissi e attenti a disbramarsi la decenne sete, che li altri sensi m'eran tutti spenti. Ed essi quinci e quindi avien parete di non caler cosi` lo santo riso a se' traeli con l'antica rete! ;

e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte. E quei, che ben conobbe le meschine de la regina de l'etterno pianto, <<Guarda>>, mi disse, <<le feroci Erine. Quest'e` Megera dal sinistro canto; quella che piange dal destro e` Aletto; Tesifon e` nel mezzo>>; e tacque a tanto.

onde la mia poi d'amorose piume coverta avien che al ciel volando aspiri, e nel tuo chiaro raggio aperto miri com'amor sani, ancida, arda e consume; deh! se l'alta bellezza e 'l dolce canto ond'in te stessa sol beata sei: e s'amor punto mai ti piacque o piace: prego volgendo in me 'l bel viso santo, al lungo penar mio dia qualche pace, e qualche tregua a gli aspri dolor miei Dello stesso

e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte. E quei, che ben conobbe le meschine de la regina de l’etterno pianto, «Guarda», mi disse, «le feroci Erine. Quest’ è Megera dal sinistro canto; quella che piange dal destro è Aletto; Tesifón è nel mezzo»; e tacque a tanto.

e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte. E quei, che ben conobbe le meschine de la regina de l’etterno pianto, «Guarda», mi disse, «le feroci Erine. Quest’ è Megera dal sinistro canto; quella che piange dal destro è Aletto; Tesifón è nel mezzo»; e tacque a tanto.

P. 303 similglioni. P. 303 Channi, e. L. Giovanni, deve correggersi: giovane. Comincia il XXIX Capitolo La molta gente e le diverse piaghe Avien le luci mie si 'nebriate, Che dello stare a pianger eran vaghe

e tu, figliuol, che per lo mortal pondo ancor giu` tornerai, apri la bocca, e non asconder quel ch'io non ascondo>>. Si` come di vapor gelati fiocca in giuso l'aere nostro, quando 'l corno de la capra del ciel col sol si tocca, in su` vid'io cosi` l'etera addorno farsi e fioccar di vapor triunfanti che fatto avien con noi quivi soggiorno.

in vid’ io così l’etera addorno farsi e fioccar di vapor trïunfanti che fatto avien con noi quivi soggiorno. Lo viso mio seguiva i suoi sembianti, e seguì fin che ’l mezzo, per lo molto, li tolse il trapassar del più avanti. Onde la donna, che mi vide assolto de l’attendere in , mi disse: «Adima il viso e guarda come tu se’ vòlto».