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RONCA. Ed io ne ho aúto parte degli onori, che fui fatto re di Cartagine, con la corona in testa circondando la cittá a cavallo, con riputazione a suon di trombe, con giubilo de' figliuoli e con allegrezza e concorso di tutto il popolo, non mancando chi mi scacciava le mosche dalle spalle.

Cicerovacchio, nome caro e riverito, tipo dell'operoso ed onesto popolano, avea capitanato una brigata di Romani alla santa impresa di bruciare quei troni della negromanzia, quella cloaca d'ogni corruzione umana, ed il popolo buono, quando ben guidato, sotto la direzione del suo venerando tribuno, compiva l'innocente auto da con una calma ilarit

FR. Io ho conosciuto un uomo che esercitava a piedi l'arte del soldo, il quale m'affermò più d'una volta d'avere auto a fare con un demonio, che si credeva essere donna di carne, e narrava l'uomo poco astuto la cosa essere ita così: cioè che sendo in Toscana ed andando a Pisa per faccende, avendo passato un certo Castello, che è in quel di Pisa, dove avea perduto a giuoco tutti i denari che aveva, andava via bestemmiando quanto poteva. Apparsongli due mercatanti a cavallo, uno de' quali aveva in groppa una donna, e correndo il cavallo velocissimamente, ella se ne gittò giù, ed egli pigliandola per mano la invitò seco all'osteria; e nell'andare verso Pisa insieme acceso dell'amor suo ebbe a far seco, e conobbe chi ella era. Finita la faccenda, il valente uomo si venne manco, e stette sei ore in terra tramortito, dove che trovato da compagni (che erano assai a drieto per la medesima via) fu portato alla citt

Cosí avesse auto ella maggior fortuna di aver conseguito sposo di maggior merito ch'io non sono, come ella è stata favoritissima dalla natura cosí delle bellezze del corpo come di quelle dell'animo.

FÚLICA. Ritrovandomi heri, per avventura, non molto luntano da la spelonca mia col mio fidelissimo Liberato, da me molto amato e aúto caro, avvenne che, vedendomi egli tutto nel viso maninconioso, di me tenero e pietoso divenuto, come colui che di benigno ingegno era e non poco mi amava, umilemente mi domandò la cagione per che tristo io fussi e penseroso e quasi tutto in uno freddo ed insensibile sasso tramutato.

A queste sere, con un soldato che m'alloggia in casa vinsi, giuocando a questo, dieci corbe d'un buon trebbian. ARTEMONA. Debbe essere un bel giuoco. Ma 'l vino è troppo caro. Oh bella cosa! Almen non s'ha passioni, in questo amore, pianti sospiri. PILASTRINO. Sento tutto appunto come loro: benché mai non abbia aúto voglia di morire, com'ogni or dicon essi. ARTEMONA. Di': in che modo?

MERLINO. Tu non pòi fallire di domandarmi, ché a me stará poi, parendomi, darti. LIMERNO. Non ti voler piú oltra con esso meco turbare se un mio concetto, aúto giá molti mesi, ora sono per scoprirti.... MERLINO. Con la lingua di' pur ciò che ti pare, ma tacciano sopra tutto le mani. LIMERNO. Non vi è pericolo, mediante fra noi lo fiume, di conflitto alcuno, Merlino caro. Ma taci, prego: non odi?

Ed ha mille secreti che vagliono a l'amore; che, se avessi, inanzi questo, aúto la sua pratica, ti avria saputo dir se pure in vero questi t'amava. Ed io, per questo solo, desiderava che pigliassi seco pratica, perché poi potresti avere da lei quel che volessi. Ma sei donna troppo di tuo cervello.

AP. Dicono pure figliuoli di Dei, e figliuole di Dee, e ieri l'altro mi ricordo che dicesti, le favole avere auto qualche fondamento, donde è egli adunque il seme ne' maschi? Donde il partorire nelle femine? Di che cose nascono i piccoli fanciulli?

Taccio or del gran legnaggio piú ministri i quai, se avesse aúto ai primi tempi Roma, via piú d'onor l'ariano ornata che Fabrizio Caton Scipio: il gran Salviati, un Tomaso, un Francesco; un di prudenza, un di bontade esempio e l'altro di giustizia, il Guicciardino; il qual la terra nostra or teme ed ama.