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I o tratto a l'ombra d'un gentil boschetto V idi, giacendo su la piaggia erbosa, S tarsi donna solinga e penserosa, T urbata in vista, col mento sul petto. I n tal vaghezza stava, ch'ivi intorno N é fu pianta augel che non movesse A lei mirar e seco ne piangesse. I' mi le appresso e per veder m'abbasso.

84 Vider Baiardo a zuffa con un mostro ch'era più di lui grande, ed era augello: avea più lungo di tre braccia il rostro; l'altre fattezze avea di vipistrello; avea la piuma negra come inchiostro; avea l'artiglio grande, acuto e fello; occhi di fuoco, e sguardo avea crudele; l'ale avea grandi, che parean due vele. 85 Forse era vero augel, ma non so dove o quando un altro ne sia stato tale.

Come d'autunno si levan le foglie l'una appresso de l'altra, fin che 'l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, similemente il mal seme d'Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni come augel per suo richiamo. Cosi` sen vanno su per l'onda bruna, e avanti che sien di la` discese, anche di qua nuova schiera s'auna.

Piú tosto il sol fermarsi e 'l mar asciutto forse vedrò, che mai contra la voglia cosa mi faccia di chi move 'l tutto. Qual pianta, qual augel, qual fiera piú amo di te, saggio animal? Però mie cose io piú mostrarti, che tu veder, bramo.

E via e via, per monte e per pianura, Vïaggia notte e giorno, Fatato augel che non avr

97 I tre guerrieri arditi si fermaro dove un sentier fendea quella pianura; e giunger quivi un cavallier miraro, ch'avea d'oro fregiata l'armatura, e per insegna in campo verde il raro e bello augel che più d'un secol dura. Signor, non più, che giunto al fin mi veggio di questo canto, e riposarmi chieggio.

Come d’autunno si levan le foglie l’una appresso de l’altra, fin che ’l ramo vede a la terra tutte le sue spoglie, similemente il mal seme d’Adamo gittansi di quel lito ad una ad una, per cenni come augel per suo richiamo. Così sen vanno su per l’onda bruna, e avanti che sien di l

Chi morto e chi a mal termine lasciando, esce del ponte, e il rastrello ha spezzato: prende al bosco la via; ma poco corre, ch'ad un de' servi de la fata occorre. 4 Il servo in pugno avea un augel grifagno che volar con piacer facea ogni giorno, ora a campagna, ora a un vicino stagno, dove era sempre da far preda intorno: avea da lato il can fido compagno: cavalcava un ronzin non troppo adorno.

38 Se 'l sol si scosta, e lascia i giorni brevi, quanto di bello avea la terra asconde; fremono i venti, e portan ghiacci e nievi; non canta augel, fior si vede o fronde: così, qualora avvien che da me levi, o mio bel sol, le tue luci gioconde, mille timori, e tutti iniqui, fanno un aspro verno in me più volte l'anno. 39 Deh torna a me, mio sol, torna, e rimena la desiata dolce primavera!

Pace tra noi, ch'amor ciò vòl, o privo d'amor e pace miser animale, bello dianzi ed or lordo e schivo! Amor sia, prego, e pace teco, ché ale augel mai vola senza, alma, cui amor e pace manchi, ad alto sale. Ahi! misero, che speri? ove fugace te sottraendo a l'ira vai? ché altrove ben giugne al varco l'empio contumace! Dove vai? di', dove?