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Ora voi durate anch'oggi nella colpa dei padri; e immemori dei trecento anni di guerra fraterna che inaffiarono il vostro terreno di sangue, immemori dei trecento anni di muto e codardo servaggio che li seguirono, immemori degli insegnamenti che vi diedero, da quel primo Potente in poi, i vostri Grandi di mente e i martiri che patirono per infondervi la coscienza della vostra forza, aspettate la Patria, in sembianza di mendicanti, dal beneplacito dello straniero.

FULVIA. Non te ll'ho io detto? per non m'imbattere in Curzio, ch'io non volevo che me cci vedessi entrare. RITA. Madonna, ecco la porta. Aspettate, ch'io pichiarò. FULVIA. , de grazia. RITA. Idio ci aiuti. Tic, toc. MINIO. Chi è ? RITA. Amici. Simo noi. MINIO. E chi sète voi? RITA. Siamo quelle donne. Ècci madonna Iulia in casa? MINIO. Si, è. Aspettate, ch'io la chiamarò. RITA. Orsú!

Assettatevi tutti ben, ch'io possa mettervel tutto ne la fantasia, pel buco de l'orecchio, come s'usa. Fermi! Aspettate, ch'ora ci va dentro. Oh! Gli è 'l gran caldo! In fin, queste borsette, per parlare in linguaggio veniziano, non son mia arte; e, non vi entrando tutto il brodo d'esse, non si fa nigotta.

Ma il professore ne la impedì: No, Loreta, aspettate ancora un momento, non andate via così. Voglio che voi mi assicuriate che non mi tenete carico se io apparisco talvolta così chiuso in me stesso. Non è colpa mia se son fatto a questo modo. Vi ricordate che anche la mamma me ne rimproverava sempre.... E prendendo con mano tremante una delle mani di lei: Mi perdonate, non è vero? le dimandò.

Ed io subito vi ho dato il mio cuore, senza il mio indirizzo.... Francesco Ed ora siete mia. Bianca Vostra. Francesco In mio potere.... Bianca In vostro potere.... Francesco E avete fiducia in me? Bianca Aspettate. , ho fiducia in voi. Francesco Bianca Francesco Bianca Francesco

Non ebbe bisogno di chiedere chi l'avesse mandata; chiese soltanto con emozione repressa: Quand'è venuta? Un paio d'ore fa rispose il servo. Va bene.... Andate pure. Desidera nulla? Mario restò dubbioso un istante; poi disse guardando l'orologio: Aspettate di l

Tuccio di Credi aveva portati in pace, o giù di li, gli inviti del Casentino; aveva mandati giù, senza troppo dolersi, gl'inviti di Firenze; aveva rizzato muso agl'inviti di Pisa, ma non si era arrischiato a dir nulla. Ma non portò in pace, non mandò giù, non lasciò correre senza proteste, gl'inviti di Pistoia. O perchè? Aspettate, lettori umanesimi, e vedremo di sapere anche questo.

Troppo tardi, gridavano gli impresarii. Dorme, di notte? domandavano le madri. Che onorari vi aspettate? chiedevano gli impresarii. Perchè la vestite di celeste? chiedevano le madri. Perchè non la vestite da maschio e dite che ha cinque anni? chiedevano gli impresarii. Speriamo che la lascerete suonare molto per beneficenza, dicevano le madri.

Aspettate; fatelo passare nel mio gabinetto.... Manfredo, disse poi a lui rivolta; andiamo. Non è conveniente lo star qui, potrebbe venir gente, e i servi vanno e vengono di continuo, andiamo. E il Manfredo, più sbalordito che altro, la seguì nel di lei gabinetto.

Dunque siamo intesi, disse forte Tognetti. A rivederci, Peppe. Sora Lucia, vi saluto. Teresa!... Aspettate, soggiunse Lucia. Bevete almeno un bicchiere di vino. Grazie tante: ho un affare... sono aspettato. Intanto il giovane si avviava. E a me, non si stringe nemmeno la mano? disse Teresa. Hai ragione, Teta. E tornando indietro, Tognetti strinse con forza la mano alla sua fidanzata. Ahi!