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Più volte ascosa andò, talor palese, secondo era oportuno, infra la gente. Dopo molto veder molto paese, giunse in un bosco, dove iniquamente fra duo compagni morti un giovinetto trovò, ch'era ferito in mezzo il petto. 66 Ma non dirò d'Angelica or più inante; che molte cose ho da narrarvi prima: sono a Ferraù a Sacripante, sin a gran pezzo per donar più rima.

Ora restìo sul deretan si posa Innalberando; or fa ritroso il corso; Or tien la testa sotto il petto ascosa, E calci scaglia, e nulla sente il morso. Lascia d'Oronte alfin l'alma orgogliosa Con lieve salto il rubellante dorso Del corsier sbigottito, ed empie il seno D'ira, e per gli occhi fuor spande veneno.

Ed anche oggi si barattarono quattro parole, mentre io, da buon cavaliere forzato, l'accompagnavo fino al principio del paese. Tanto, il mio sonno era rotto, e rotto l'incantesimo della mia pace nel verde. Quel che è peggio, e non potrò mai consolarmene, è violato il mio dolce segreto. Povera acqua ascosa, com'io volevo battezzarla!

Spero che gioïrò di mia vittoria, Ed eroe da lor labbra udrò chiamarmi! Quel Carlo ch'ogni nostra ascosa istoria Investigare osava e minacciarmi, Vedr

Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio quando drizzo la mente a ciò ch’io vidi, e più lo ’ngegno affreno ch’i’ non soglio, perché non corra che virtù nol guidi; che, se stella bona o miglior cosa m’ha dato ’l ben, ch’io stessi nol m’invidi. Quante ’l villan ch’al poggio si riposa, nel tempo che colui che ’l mondo schiara la faccia sua a noi tien meno ascosa,

Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio quando drizzo la mente a cio` ch'io vidi, e piu` lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio, perche' non corra che virtu` nol guidi; si` che, se stella bona o miglior cosa m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi. Quante 'l villan ch'al poggio si riposa, nel tempo che colui che 'l mondo schiara la faccia sua a noi tien meno ascosa,

Beatrice in suso, e io in lei guardava; e forse in tanto in quanto un quadrel posa e vola e da la noce si dischiava, giunto mi vidi ove mirabil cosa mi torse il viso a se'; e pero` quella cui non potea mia cura essere ascosa, volta ver' me, si` lieta come bella, <<Drizza la mente in Dio grata>>, mi disse, <<che n'ha congiunti con la prima stella>>.

Però mai sempre al suo desir ritrosa Serbò la figlia in solitario letto; Ed ella il sofferì; perch'amorosa Non avea, ch'Erimanto, altro diletto; Ed a ben sostener la fiamma ascosa Dentro le vene, onde struggeasi il petto, Tenea, quando poteva, il guardo intento A rimirarlo, e feane il cor contento.

A me non si disse nulla, che avrei saputo rispondere; a Buci nemmeno, che avrebbe potuto cavarsela ridendo. Per me, soltanto, ci fu a quattr'occhi una bottata di Galatea. Che odore, questa mattina, all'Acqua Ascosa! un odore acuto... come di pelle di Spagna. Ah ? risposi, colpito in pieno petto, ma non volendo parere. È poi l'odore delle rose canine e dei fiori di rovo. Ce n'è tanti laggiù!

che l’animo di quel ch’ode, non posa ferma fede per essempro ch’aia la sua radice incognita e ascosa, per altro argomento che non paia». Paradiso · Canto XVIII Gi