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Cheta, cheta la porta della stanza torna di nuovo a volgersi sopra gli arpioni: entra un altro uomo, e si ferma: guarda... stupisce... e non ravvisa il Conte al fioco chiarore del lume, che veglia fra loro, egli solo innocente.

L’entrata del Debir era chiusa da una porta a due battenti e fatta di legno d’olivo selvaggio, scolpita ed indorata come l’intonaco dei muri. Una porta uguale chiudeva l’entrata dell’Hechal però in questa i soli battenti erano di legno d’olivo: le tavole erano di legno di cipresso e ciascuna banda era formata di due pezzi che si ripiegavano e si volgevano sopra arpioni d’oro massiccio.

Verso quel tempo, eran giunte novelle dall'ultimo confine dell'Ungheria alla nostra famiglia: una lettera sgorbiata di grossi uncini e arpioni, in un linguaggio somigliante più al turchesco e al valacco, che all'italiano, ch'era stata scritta da un dabben sergente transilvano a nome di Rocco; il quale per la prima volta, dopo lungo tempo, faceva saper ch'era vivo a' buoni amici suoi.

Avverti, che io me ne andrei in castello per avere dato ricetto a un patriarca come se' tu. In questo, che dite, trovo qualche cosa di vero: per ogni buon riguardo lasciatemi la porta aperta. Ed entrò; ma la porta girò sopra gli arpioni, e si chiuse a mandata. Don Francesco, come va che la porta si è chiusa? Vi ho inciampato non volendo. Portatemi presto il lume, e apritemi la porta.

Un po' di prodigio cresceva attrattive alla misteriosa figura del curato. Durante la benedizione uscii a passeggiare sul sagrato deserto; la porta della chiesa spalancata sugli arpioni, lasciava vedere l'altar maggiore illuminato e i riflessi cadevano sulle casupole della piazzetta. La sera era buia: nelle tenebre fitte del villaggio, nessun altro lume che quello della chiesa.

Le pareti di quella sala, quasi coverte di quadri antichissimi, rappresentanti caccie e tornei; erano a tratti adorne di specchi posati su certi arpioni, che reggevano doppieri formati di molte torce.

Riprendiamo il filo del discorso. Qui nella scuola ci sono punti oggetti di ferro? Guardiamo un po': oh sicuro! Gli arpioni a cui stanno attaccate le carte geografiche, le aste dalle quali pendono le tende, il paletto della porta e il grosso campanello che vi annunzia l'ora della ricreazione, sono di ferro.

Mi sovvengono pure alla memoria alcune specie di incensieri che appesi a certi arpioni d'oro massiccio sporgenti dalle pareti, si dondolavano per moto proprio; ed emettevano un vapore profumato, in mezzo alle cui spire volteggiavano delle figurine nude, le quali cambiavano forma e colore ad ogni istante, e giunte ad una certa altezza, si assottigliavano e si scioglievano in fumo.

Un cane si messe a latrare furiosamente, la voce burbera d'un vecchio l'abbonacciava; poi l'istessa voce domandò: Chi è? Siamo noi su Francesco. Chi voi? Mastro Pasquale Carrarella e mastro Santo Zumboli. L'uscio girò sugli arpioni, e i due cugini entrarono. Qua, Turco! gridò il vecchio al grosso mastino nero che s'era avventato addosso a' nuovi arrivati.

Poco stante la signora Marianna si mosse; e Bonaventura udì il passo frettoloso della sua governante nell'anticamera. È lei, Padre?... Son io, apra, son io. Gli è perchè sono sola in casa; disse la signora Marianna, con aria impacciata, in quella che faceva girar l'uscio sugli arpioni per lasciar passare il padrone; e non si sa mai.... Sta bene, sta bene; interruppe egli.