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Culmina Gregorium nutu qui celsa creavit, Sospitet, omnigenis condecoretque bonis, Edat, ut arbor aquae prope rivos consita, fructus, Et diadema suum vinciat usque caput. Hic niteat solusque, ferax sit dactilus ipse: Adspiciat laetos ire, redire dies. Gaudeat urbs, precibus nunquam non acribus instet, Ut sibi sint Pacis numera juncta Piae.

Della voce [I[bagattino]I] non sarebbe ozioso per noi il rintracciare la origine; il Gallicciolli ([I[Memorie Venete]I] II, 41) la vorrebbe derivata dall'arabo [I[bagadhon]I], rimoto o vile, quasi moneta la più [I[rimota]I] in cui si risolve la lira, o la più [I[vile]I] di tutte le correnti. Certo è ben degna di riso la etimologia che ne diede Roberto Cenale nel I tomo del suo trattato [I[De rat. pond. et mensur.: Barchatinus, vulgo ]I]barguetìn[I[, puto esse pretium trajectus aquae per barcham]I]; meno ridicola è quella allegatane da Marquardo Trecher nel libro [I[De re monetaria Germanici Imperii: Pagatini, aeneoli Venetorum, a solvendo dicti]I]. Non saprei invero indurmi a ritenere veneziano questo vocabolo, in ciò temerei d'opporrai alla pluralit

Il che ci è, oltre alla continua esperienza, per la divina Scrittura mostrato, nella quale leggiamo: «Omnes morimur et quasi aquae dilabimur in terram, quae non revertuntur». Sono, oltre a ciò, i fiumi, quando per abbondanza d'acque e quando per forza di venti, tempestosi.