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La signora Angelica e la signora Rosa che, di solito, preparavano il pranzettino particolare di don Giuseppe, con tanta premurosa diligenza, pareva non sapessero far più niente di bene; e a forza di soffrire e di piangere si erano ammalate tutt'e due. Avevano la flussione e la faccia bendata colla pappa di lino.

³⁸² In Palermo, Felicella MDCCLXII. La Casa Filippone era ad un tempo spedale, infermeria, ambulatorio femminile. Gettiamo uno sguardo sulle ammalate che vi si ricevevano e sugli uomini che vi si medicavano. Quelle erano povere donne che non avevano dove andare, e le quali perchè non febbricitanti non venivano ricoverate negli spedali; eran civili, anche dame, vergognose di farsi visitare dagli uomini, e riluttanti a manovre chirurgiche. Nei pubblici spedali, dice il Ragguaglio, «non cadon sotto la cura moltissime infermit

Tutti si affrettavano ad uscire. Tutti erano impauriti, impressionati dalla grande catastrofe. Uscirono e si sparsero per Venezia dove propalarono la triste notizia. Molte signore, appena arrivate a casa, si misero in letto con la febbre, il appresso alcune erano ammalate.

Il dottore m'aspettava, con le mani sul dosso, con l'ultimo fascicolo della Phrenologische Zeitschrift sotto l'ascella, appie' della vasta scala che mena ai corridoi superiori. Ricominciammo a parlare del suo nuovo soggetto: una giovane donna ch'era stata affidata alle sue cure speciali. Tipo non comune. Nessuna delle degenerazioni fisiche che io riscontro nelle altre ammalate di tal genere.

E potrei citare altri esempi, ma rimanderò il lettore alla Hygiène de la voix, dove ne può trovare di curiosi assai. La musica inoltre può estendere la sua benefica influenza anche su persone ammalate. Così si racconta che la lira di Chirone e il flauto d'Ismenia calmarono i dolori sciatici. Asilepiade ordinava certi motivi musicali contro la frenesia.

Questo sacro ma uggioso bronzo, che co' suoi rintocchi medievali urta i nervi alle nostre generazioni ammalate d'emicrania, è piacevole in villa, dove il suono si diffonde all'aperto, risvegliando pensieri di festa; è giocondo, poi, è divino sulla vetta di un'Alpe, dove il suono vi giunge affievolito, ma sempre argentino all'orecchio, senza che pur vediate la chiesa e il campanile, perduti nella nebbia luminosa della valle sottoposta.

Attraversando per lo lungo la crociera, guardava di tanto in tanto, con pietosa apprensione, le povere ammalate, le quali, non potendo trovar requie, arse o abbrividite dalla febbre, sembravano come implorare da lui, con una lunga occhiata, una parola di conforto, una benedizione: avanzavasi, e ne scorgeva più d'una stendere fuor delle coltri lo scarno braccio, e bere a stento un po' d'acqua per mitigare il fuoco che le consumava; udiva qualche bisbigliata prece, qualche gemito sommesso e trattenuto di chi soffriva di più, e il respirar tardo, affannoso d'alcune da cui forse sarebbe stato chiamato fra poco.

"Mangiavano melazzo," rispose il Ghiro, dopo d'averci pensato su qualche istante. "Ma non lo potevano," osservò Alice, con garbo; "sarebbero cadute ammalate." "Lo erano, di fatto," rispose il Ghiro, "molto ammalate." Alice cercò di figurarsi quella strana maniera di vivere, ma ne restò confusa, e continuò: "Ma perchè vivevano nel fondo d'un pozzo?"

Noi abbiamo le medesime folli e ammalate inclinazioni per i fiori rossi del papavero, per le cose cupe e tragiche, per i tramonti incendiati, per le albe sanguigne, per gli azzurri oltremarini, per le maremme pestilenziali sotto il sole, per i profumi violenti, per l'oro intarsiato che pare scorrere, fluido, liquido, sul fondo nero della lacca, per i grilli sfiniti che muoiono d'amore nel solco fumicante, per le farfalle nere che si abbruciano intorno al lume.