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A suoi voti alfin deh rida Una sorte più serena, L'infelice assai la pena D'esser bella oh Dio pagò! O Italia, o Italia! Sorgi alle glorie; tu la reina sei del mondo, tu sei la figlia de' Cieli. Il tuo genio t'invita a contemplare in dolce estasi i secoli gareggiare coi secoli a far più vividi i tuoi splendori. Un mondo è il tuo regno; degne d'un mondo sieno le tue leggi.

Piegarsi come salice al tuo pianto Sento il dolore di mia vita oscura, Ma quando ride il canto Del tuo sorriso, rìde la Natura. Oh, cessi alfin a me dice la gente Una nenia che l'anima ci schianta; A te, musa innocente, Gridan l'altre fanciulle: canta, canta...

E se tanto non puoi, dammi che a questa Terra, che non m'intende, alfin m'invole; Ch'io mi scevri da tanta orda molesta, Che sepolta nel ver l'anima vuole. Oh! ch'io torni dei miei sogni a la festa, Ch'io mi confonda in un raggio di sole, Ch'io naufraghi coi miei poveri numi In un mare di luce e di profumi!

Quei sciagurati a sperdere Basta il mio brando solo.... Corro.... mi slancio.... volo.... Nulla arrestar mi può.... Ed ogni indugio a togliere, Onde accorciar la via, La cabaletta mia Due volte canterò. Sotterraneo nel palazzo di Baritono. Primadonna sola. L'ora è suonata alfin.... Qual fragor d'armi!... È desso.... è desso! schiudonsi le porte.... Tenore Baritono colla spada sguainata.

NEPITA. Se fussi gravida, mi sgravidarei: l'ha narrato con tanto sapore che m'ha fatto venir la saliva in bocca. SANTINA. Oimè, che dici? GERASTO. Quanto ascolti. NEPITA. Alfin, tu serai stata la ruffiana a tua figlia, che la tenevi in gelosia sempre serrata con lei. SANTINA. Ahi, che mirandola oggi in fronte gli leggeva il commesso peccato! Ma chi avesse potuto pensar questo?

Or che l'orgoglio è pago e che le strette Corser dei fidi amici e alfin respira La bella, che ti spinse alle vendette, Or che pende la spada e cessa l'ira, Che a te discende per antica vena, E rossa la tua gloria il mondo gira, A te vien la mia Musa e una serena Notte invoca di stelle all'agitato Spirto sfuggito agli aspri colpi appena.

Di così fatto amor fama trascorse ch'intorno a l'Egeo ciascun ne parla; Ed a l'animo mio temenza porse Non seco proponesse alfin sposarla. Mentre dunque poteva, ed era in forse La ria ventura, io destinai vietarla. Bene avea la fanciulla i pregi suoi: Ma bassi assai per adeguarsi a noi.

Amisi o per elezione o per destino, io per l'uno per l'altro posso amarvi; e tanto è amare alcuno contra la sua volontá e contro il tenor del Cielo, quanto camminar per un mar periglioso con venti contrari, senza sarte e senza vele, perché alfin doppo varie tempeste si truovi sommerso in un golfo di pene e de' suoi sproporzionati e disordinati desidèri...». O che parole magiche e funeste, o tirannia d'amor non mai piú intesa!