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Non appena quindi un pochino di raggio dell'alba si mise nella camera di Alfano, che tutta la notte, malgrado il vino non aveva potuto chiuder pupilla, chiama a il suo maestro di palazzo e manda a pregare Baccelardo si volesse compiacere a lui venire.

E la plebe che lo aveva riconosciuto e che per un suo eguale simpatizzava, rompe ogni riguardo e grida bravo, alleluia! Questo è il campione che si voleva, viva Laidulfo il pazzo, Laidulfo il buffone! L'araldo interrompe le clamorose ovazioni, ed annunzia monsignor Alfano arcivescovo di Salerno ed il principe Gisulfo.

Al che, come Baccelardo ebbe obbedito, Alfano lo supplica di recarsi incontanente in nome di lui, arcivescovo di Salerno, a sfidare il principe per quella mattina, a primo transito o a tutta oltranza, secondo a lui fosse gradito. Baccelardo gli fece da prima gravi osservazioni. Però il prelato essendosi mostrato duro, gli fu giuoco forza portarsi ad intimare la sfida.

Gisulfo resta saldo sul cavallo: animosamente si tira dal petto il mozzicone, e riprende la lancia che il suo scudiero gli presenta. Novella lancia è data altresì ad Alfano, ed ai loro posti ricollocansi.

Allora a lui si para innanzi l'arcivescovo di Salerno, Alfano, e dice: Ed a me, monsignore, a me non dimandate voi perdono dell'avermi detto mentitore? A voi, messer arcivescovo, che ardiste dare del pazzo a nostra sorella, fiero risponde Gisulfo, a voi non solo non dimandiamo scusa, ma aggiungiamo che siete uno scimunito ubriaco.

Avevano distrutta la banda di Rinaldi, che batteva la campagna da sei anni; bravi davvero! tanto il topo s'aggira attorno alla trappola sinchè ci resta: ma non avevano distrutto il malandrinaggio. E poi, i Leone, i Capraro, i Saieva, gli Alfano, non comandavano ancora orde di scellerati che seguitavano a farne d'ogni colore in barba alla giustizia? Come s'erano formate quelle bande?

Alfano a quelle brutali parole corrusca negli sguardi, e portando la mano al fianco, dove soleva tenere il pugnale, fa due passi verso il principe. Poi tutto ad un tratto rist

³⁷⁵ Houel, op. cit., v. I, p. 67. Vedi pure nel vol. II di questa nostra opera il cap. Monache. ³⁷⁶ Gioverebbe accertarsi se fosse stata veramente indirizzata a lei la odicina testè pubblicata nelle Opere poetiche del Meli, ediz. Alfano, p. 296: Vulennu farisi Virtù ’na cedda ecc.