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I due vecchi mangiavano, e di tanto in tanto il cieco tendeva una mano, cercava la mano scarna della sua vecchierella e la accarezzava. E non l'abbiamo trovata neppure iersera mormorava il cieco la nostra figliuola!... Il dottore ci ha assicurato che l'avremmo ritrovata presto! Sta' sicuro che la ritroveremo, Enrico! ripigliava Agatina.

Era lei con gli occhi gonfi di lacrime, arrossati dal pianto, col volto bianco per la commozione, lei, non più artista, non più commediante, ma la povera ragazza di Piazza degli Armieri, la povera figliuola di Agatina e di Enrico, che piangeva! Stette sola, affranta, oppressa dai ricordi, lacrimando, per alcune ore.

Non la rivedremo dunque più... più... la nostra angioletta! diceva il cieco ad Agatina. Non ti ricordi replicava la vecchiarella quello che tu mi hai sempre risposto: che Dio... Ah! hai ragione interruppe il vecchio che Dio... ci aiuter

È lei!... è lei! gridò Agatina, e tenendo per mano il cieco entrò di nuovo nella stanza, che era ormai quasi all'oscuro. Le parve vedere un'ombra bianca dinanzi al cembalo. Era Antonietta in una vesticciola leggera, coi suoi copiosi capelli biondi sciolti sugli omeri. I vecchi erano rimasti sulla soglia. Agatina aveva trattenuto il cieco dall'andare più oltre.

Agatina e Enrico non udivano più nulla. Essi accarezzavano, abbracciavano la figliuola: piangevano. Momento sublime, che ad esser descritto domanderebbe penna di poeta, ben diversa dalla mia; momento sublime come tutti quelli che nella vita riempie la divina poesia, traboccante da cuori che si amano! Due giorni dopo, come ho detto, Lina partiva e traversava il confine del ducato di Lucca.

Nello stato di prostrazione in cui erano i vecchi una commozione troppo forte poteva ucciderli! Finito che ebbero il loro pasto frugale, Agatina disse ad Enrico: Andiamo a cercarla, come tutte le sere! Si alzò, prese il braccio del cieco, e traversarono insieme una fila di stanze. Agatina guardava dietro a ogni porta; il cieco, inquieto, frugava per tutto col bastone.

No, no! non si accosti!... Stia nascosta il più che può! diceva il vecchio dottore ad Antonietta. La ragazza aveva gli occhi gonfii di lacrime. A qualche distanza da lei si tenevano Roberto, il Brinda, Lina. Dallo spiraglio della porta socchiusa si vedeva in mezzo ad una stanza uno strano gruppo. Ad un tavolino sedevano Enrico ed Agatina.

Ghita... oggi a pranzo, invece di due, saremo quattro... C'è anche questa tua antica amica... Oh, non la riconosci? La Ghita, prima che il maestro avesse finito di parlare, abbracciava la cantante, e asciugandosi gli occhi con una cocca del grembiale, ripeteva: O Antoniettina!... Antoniettina!... è lei! Com'è bella... Se la tua mamma... la povera Agatina fosse qui...

Lina e il capo-agente Lucertolo, tenendosi per mano, scesero, saltellando, l'erta. Un mese dopo in una chiesa di Roma si celebrava con gran pompa il matrimonio fra Antonietta e Roberto: ufficiava un arcivescovo cattolico in tutto lo sfarzo de' suoi ricchi paramenti. Due vecchi erano inginocchiati vicino agli sposi: Agatina ed Enrico.

Enrico disse a un tratto Agatina, rompendo il silenzio è tardi... Andiamo via di qui! E i due vecchi si alzarono. Quando ebbero fatti pochi passi, si fermarono. Lo stesso suono usciva dal cembalo, lo stesso suono che poc'anzi avevano udito, e una voce giungeva alle loro orecchie, modulata al solito con un accento ad essi familiare, delizioso. I due non si mossero più.