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Di lui scriveva l'Almirante al figlio Diego, il 3 febbraio 1505: ".... Ho parlato con Amerigo Vespucci, latore della presente, chiamato dal re per affari di navigazione. Egli ebbe sempre desiderio di compiacermi; è uomo molto dabbene; la fortuna gli fu avversa, siccome a molti altri; i suoi lavori non gli profittarono come ragione voleva. Parte assai ben disposto per me, e bramoso, se gli è possibile, di fare qualche cosa che mi sia utile. Io di qui non so di che potrei incaricarlo, perchè ignoro che voglia da lui la Corte; egli va, determinato di fare per me quanto gli sar

E giunto così alla primavera del 1505, dopo aver scritto in quel modo che sappiamo al conte Fiesco, suo compagno di gloria, così scriveva desolato ad un altro amico, a Don Diego di Deza, fatto arbitro un istante, ma senza frutto, della sua querela col re.

Lei morta, le ragioni di Cristoforo Colombo, lasciate così a lungo sospese, sarebbero state sicuramente disconosciute, e le speranze deluse. E ancora tentava, scrivendo lettere su lettere, mescolando le umili supplicazioni alle giuste querele. Nella primavera del 1505 tentò per lui don Bartolomeo suo fratello di ottenere a voce quello che per iscritto non si era potuto fin allora.

Dopo il tornesello di Leonardo Loredan, decretato colla terminazione del 1505 che ho riportala, troviamo bensì nelle memorie di zecca menzione di tornesi qui coniati per il Levante, per la flotta, per Candia, negli anni 1545 e 1548, nonché di bagattini per Corfù nel 1549; ma non saprei veramente a quali monete del doge Francesco Don

Un altro amico parve la man di Dio allo sventurato Colombo, quando se lo vide comparire in casa, in quella medesima primavera del 1505.

Scriveva in fatti il console a Damasco Bartolomeo Contarini nel novembre dell'anno 1505 : essere a lui venuto un chasandar del Caramano con una lettera del sufì di Persia, scritta in lingua agemina , al soldan dei Veneziani, colla quale narrando le conseguite vittorie gli partecipava il suo grande amore e la sua speranza di presto incontrarsi con lui.

Quello che Beatrice di Bovadilla era chiamata a leggere, era un codicillo, scritto dall'Almirante fin dal 25 agosto dell'anno 1505. In quella scrittura, egli chiariva e confermava le sue volont